E’ un’altra brutta istantanea dell’affanno in cui si trova a vivere ormai il nostro paese, quella presentata dal laboratorio di Statistica applicata dell’università Cattolica di Milano: scende il numero delle giovani donne fra i 30 e i 34 anni rispetto a quello delle loro genitrici.
Significa che, quella generazione nata nella metà degli anni 80, quando il crollo demografico iniziava a lambire l’Italia, è inferiore numericamente alla generazione precedente e che, per il colmo di tutto ciò, solo una donna su cinque, tra di esse, metterà al mondo un bambino. A determinare questo cambio di comportamento è, ovviamente, un nugolo di fattori che si intrecciano e si influenzano l’un l’altro, ma il dato oggettivo parla di una posizione di partenza già, di per sé, molto compromessa. I nati nel 2015 sono stati infatti “soltanto” 478mila, cioè un numero inferiore ai 500mila bambini l’anno considerati dagli istituti di ricerca la soglia minima per sopravvivere al declino demografico. Una situazione angosciante, definita “trappola demografica”.
Barbara Mapelli, docente di Pedagogia delle differenze dell’università Bicocca, afferma: “Una trappola è qualcosa in cui si finisce anche senza volerlo. Da questo punto di vista condivido la definizione di trappola demografica, perché in realtà le ragazze i figli li vorrebbero, anche due o tre, ma nel nostro Paese è sempre più alta la distanza fra il desiderio di maternità e la possibilità di realizzarla.”
Precarietà, circostanze di vita atipiche, assenza di welfare, mancanza di congedi maschili, ostilità aziendale alle gravidanze. Sono questi alcuni dei fattori che stanno determinando questo cul de sac nel quale pare essersi impantanato il nostro Paese, ma non solo. Alle spalle di tutto ciò anche una specie di “deformazione” culturale: “L’idea sempre più radicata nelle coppie è che al figlio si debba dare tutto. Altrimenti è meglio non farlo nascere. Le donne oggi vivono una contraddizione: da una parte la maternità è ostacolata da fattori oggettivi, dall’altra è enfatizzata all’estremo. Così, spesso, si finisce per rinunciare.”
A rendere più complicato il tutto, anche la questione del lavoro femminile: l’occupazione delle donne in Italia, nonostante gli sforzi, è ferma al 46%, con punte dell’80% di donne disoccupate nelle regioni meridionali. Una vera falce per ogni speranza di autonomia.
Giuseppe Caretta