
L’ictus è considerato la seconda causa di morte in tutta Italia dopo le malattie dell’apparato cardiovascolare; secondo alcune stime esso può colpire ogni anno fino a duecentomila pazienti, il 20% dei quali recidivanti. In aiuto ai soggetti afflitti da ictus cerebrale, l’Università di Siena in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova ha recentemente messo a punto un innovativo modello di protesi che ha suscitato molto interesse sulla scena medica internazionale, come riporta un recente comunicato stampa dell’Ateneo.
E’ italiana la nuova protesi contro l’ictus
Una nuova protesi robotica, indossabile come un braccialetto e che cosentirà ai pazienti colpiti da ictus di poter recuperare con maggior semplicità un certo livello di autonomia nelle incombenze domestiche quotidiane, restituendo una parziale mobilità alle mani paralizzate.
La protesi, realizzata da un pool di ricercatori del SIRSLab (Siena Robotics and Systems Lab) con a capo il professor Domenico Prattichizzo, non ha mancato di suscitare entusiasmo anche al di fuori dei confini del nostro Paese e ha già catturato l’interesse dei più importanti luminari di tutto il mondo.
Interesse che è valso – al team del professor Prattichizzo e alla loro creazione – anche un prestigioso riconoscimento internazionale; al nuovo modello di protesi è stato infatti conferito il premio per la miglior dimostrazione nel corso dell’IEEE Haptics Symposium 2016 a Philadelphia, la più importante conferenza dedicata alle innovazioni nel campo della robotica e delle biotecnologie. E solo pochi giorni fa il professor Prattichizzo è tornato a parlare del “sesto dito robotico” sviluppato dalla sua equipe nel corso dell’ICRA 2016, tenutasi a Stoccolma dal 16 al 20 Maggio.

Un sesto dito robotico che si indossa come un bracciale
La protesi messa a punto al SIRSLab di Siena permette, ai pazienti colpiti da ictus, di destreggiarsi facilmente nelle attività più comuni; aprire una scatoletta di tonno, stappare una bottiglietta d’acqua o versarsi una tazza di latte. Gesti che possono rivelarsi difficoltosi, e addirittura ardui, per le persone con una mano paralizzata.
Il dispositivo è configurato come un “sesto dito” robotico, si indossa sull’avanbraccio colpito da paresi per mezzo di una fascia elastica e consente, a chi lo indossa, di poter afferrare e manipolare gli oggetti. Ciò è dovuto alla sua struttura flessibile, configurata per adattarsi alle diverse superfici e e garantire così una presa salda. In soldoni, la protesi funziona come una pinza opponibile che si “aggancia” agli oggetti, con un caratteristico movimento a tenaglia.
“Il dispositivo è dotato di un meccanismo sulla base che permette all’utilizzatore di ruotarlo e riporlo come un bracciale attorno al polso, per poi poterlo facilmente riutilizzare all’occorrenza”, ha spiegato il professor Prattichizzo durante la dimostrazione. In più, grazie all’interfaccia tattile hRing, il paziente è in grado di ricevere dei feedback tattili durante la presa, agevolando così i movimenti e donando una nuova vita all’arto paralizzato.
Secondo le stime di una prima sperimentazione del sesto dito robotico progettato al SIRSLab, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, i pazienti sarebbero in grado di svolgere senza alcuna assistenza esterna diverse attività che in condizioni normali risulterebbero impraticabili. Il tutto unito a una grande semplicità e comodità di utilizzo del dispositivo.

Quello sviluppato al SIRSLab di Siena è insomma un macchinario innovativo, un passo importante per restituire autonomia e mobilità alle persone afflitte da ictus ma anche un nuovo, importante traguardo per la ricerca italiana, sia nell’ambito scientifico che tecnologico. Per saperne di più sulle attività del laboratorio, e sui riconoscimenti attribuiti a questa e ad altre tecnologie sperimentali, è possibile visitare anche il blog dell’equipe del Professor Prattichizzo.
Cristina Pezzica