E’ stata un’altra lunga notte di trattative, quella che è appena trascorsa e che ha visto al tavolo dei negoziati la Grecia e l’Eurogruppo. Ore di serrate proposte alla fine delle quali si è riusciti a trovare un accordo di massima che dal 2018 taglierà, così come richiesto da Berlino, il debito ellenico.
Nessuno sconto, sia ben chiaro. Il governo di Alexis Tsipras non ha ottenuto il taglio immediato com’era nelle sue aspettative, tantomeno alcuna promessa di condono sui futuri pagamenti (come da programma elettorale). Una più realistica riduzione degli oneri per il servizio del debito a meno del 15% del pil (pr il medio termine) e del 20% (per il lungo periodo) è quanto spetta al governo, e al popolo, greco.
Raggiunto quindi un punto d’incontro di tale natura, l’ex Troika si impegnerà a garantire alla Grecia un aiuto da 10,3 miliardi di euro: 7,8 miliardi verranno depositati nella prima metà di giugno, mentre dopo l’estate dovrebbe essere consegnato anche il resto. Soldi che, come sempre, verranno girati direttamente ai creditori internazionali, nella speranza di tenere calme le ansie e di attirare nuovi investimenti esteri, eppure il clima che spira stamani è quello di un importante passo in avanti nella difficile situazione ellenica. Dopo l’ultimo anno di continue tensioni, dicono da Bruxelles, questo accordo segna un nuovo periodo per Atene, che può guardare al suo futuro con più speranza e sapendo, dicono sempre da palazzo, di essere meno sola: “La fiducia reciproca dopo l’approvazione delle nuove misure (di austerity) da parte del governo ellenico ci ha consentito di aprire una nuova fase”, ha chiosato il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbleom. Mentre il ministro delle Finanze greco, Euclide Tsakalotos, ha commentato così l’accordo raggiunto: “Siamo ad una svolta che ci consente di uscire dal circolo vizioso recessione-tagli-recessione.”
Nessun commento da parte di Berlino, mentre il ministro delle Finanze francese bolla come “un segno di fiducia nella Grecia” gli accordi raggiunti nella notte.
Nessun commento neppure da parte del partito del premier Tsipras che, rientrato in patria, dovrà attendere le risposte del Parlamento e, soprattutto, quelle più radicali che possono venire dalla piazza.