Doping, clamorosa Iaaf: Russia fuori da Rio 2016

E’ una batosta pesantissima, quella che si è abbattuta in queste ore sull’atletica russa e sullo sport mondiale in generale. Il consiglio della Iaaf riunito a Vienna, infatti, ha estromesso la Russia dall’atletica mondiale dopo che, lo 224557124-379aeecc-74e1-4e0a-895a-5cbdfa0f3b87scorso novembre, era scoppiato il caso-doping negli atleti russi, sistematicamente viziati da quello che era stato definito, con un eufemismo non troppo felice, “doping di Stato”.

Nessun russo alle Olimpiadi di Rio, dunque. Una decisione che da Mosca confermano essere “attesa ma ingiusta”, promettendo battaglia: “Reagiremo”, dicono gli ambienti istituzionali russi. Ma il colpo è fortissimo, se si considera che è la prima volta che un atto di tale entità viene comminato ad un paese sovrano e se si pensa che, a parte il boicottaggio delle olimpiadi di Los Angeles del 1984 da parte dell’allora Unione Sovietica, è la prima volta che la Russia non avrà atleti a rappresentarla in una competizione internazionale. Putin aveva invocato clemenza, sostenendo che “non si possono punire atleti puliti per colpa di atleti macchiati, bisogna fare distinzioni. E’ un trattamento ingiusto ed iniquo- aveva commentato-. Ci sono principi di diritto universalmente riconosciuti e uno di questi è che la responsabilità dovrebbe essere sempre personificata.” Parole che, evidentemente, il consiglio dei 24 membri che oggi ha deliberato sull’estromissione russa non ha considerato bastevoli a riparare il danno. “Solo piccoli ma insufficienti progressi”, hanno precisato da Vienna. Adesso l’ultima strada che rimane è quella del Tas, al quale gli atleti potranno rivolgersi, ma solo singolarmente, per vedere cambiata la propria posizione. Ma mentre Isinbayeva conferma il supporto dato nei giorni scorsi al proprio paese parlano di “violazione dei diritti umani”, ed mentre ci si interroga sul mondo dello sport così tanto vituperato e strapazzato da continui avvenimenti a dir poco avvilenti (si era parlato di atleti russi che avrebbero cercato di sfuggire ai controlli nascondendo sacche di urina sotto i vestiti al fine di alterare i risultati dei test), resta da capire l’ambigua posizione dell’ente che oggi ha deciso sulla testa altrui.

Perché Sebastian Coe, presidente in carica della Iaaf, deve rispondere alle accuse di copertura di doping a carico degli stessi russi alla vigilia dei Mondiali di Mosca del 2013, quando cioè era vice presidente della Iaaf. Un giro di responsabilità pazzesche, che vede l’accusatore trasformarsi in accusato, e il colpevole indossare i panni del complice. Nulla di più avvilente per lo sport, tanto da lasciare il dubbio che dietro alla recente posizione della Iaaf la volontà di giustizia sia solo l’ultima delle motivazioni, e neppure la più importante, per una sentenza così netta.

Giuseppe Caretta