Susan Kigula è una di quelle donne che hanno cambiato la storia del loro Paese, passando sulla loro pelle la sofferenza e il rischio di trovarsi, da un momento all’altro, attaccati alla forca. La storia di Susan è maledetta fin dal principio: una notte, nella città del Uganda dove vive, dei rapinatori entrano nella sua casa ed uccidono il marito, tentando di uccidere anche lei. Lei sopravvive, lui muore.
Le indagini fanno vertere tutti i sospetti della morte del marito su di lei. E’ l’inizio di un incubo, 15 anni passati in carcere, sopra di lei la spada di Damocle della condanna a morte per impiccagione, prevista in Uganda per reati come il terrorismo, rapina aggravata, omicidio ed alto tradimento. Susan, assieme ad altri attivisti, è riuscita grazie ad una petizione a cambiare la storia dell’Uganda, facendo dichiarare incostituzionale dalla Corte la pena di morte.
5 mesi fa Susan è uscita dal carcere ed ora si trova ad Oslo.
“La pena capitale non serve, non funziona come deterrente. Lo vediamo in Uganda, così come negli Stati Uniti: aumentano le esecuzioni, ma non mi pare che i reati diminuiscano… Dubito che un marito violento pensi ai rischi che corre mentre picchia a morte la moglie, o un kamikaze eviti di farsi saltare in aria per paura” ricorda Susan. In carcere Susan ha studiato legge e si è laureata, a distanza. Il suo impegno, con quello di decine di altre persone, è riuscito concretamente a cambiare il suo Paese ed a salvare la vita sua e di altre persone.
Mariagrazia Roversi