Lo scorso 15 Aprile Africanglobe.net – portale di notizie fondato da un’organizzazione che mira alla divulgazione di news inerenti il terzo continente più grande per estensione – ha riferito del ritrovamento, su un tratto della costa orientale di Alessandria d’Egitto, dei cadaveri mutilati di nove cittadini somali.
Le immagini dei corpi straziati e letteralmente rattoppati sono state diffuse in un inquietante filmato apparso prima su Kalsan TV – un canale televisivo satellitare in lingua somala che ha sede a Londra -, poi su Facebook e Youtube.
Il video mostra, tra gli altri, i corpi di una madre e dei suoi tre figli – privati di tutti gli organi interni e suturati “alla meno peggio” -, poi identificati in Adar Hassan Addawe (la giovane madre), Abubakr Abdikarim, il figlio di soli 3 mesi, la figlioletta Anfa’ Abdikarim di 18 mesi.
Della quarta vittima, un bimbo di sei anni, non si conosce il nome.
Si ritiene che le vittime fossero migranti ceduti al mercato nero di organi dai trafficanti di uomini cui non hanno potuto pagare il “dazio”, che avrebbe consentito loro di raggiungere le coste europee.
Nessun media in Occidente ha parlato di questa sconcertante vicenda, ma il traffico illecito di organi umani è un fenomeno di entità enormi, un fatto drammatico che riguarda persone vulnerabili come migranti, bambini e coinvolge inevitabilmente anche medici, chirurghi, centri di trapianto.
Il traffico clandestino di organi, dice il Comitato Nazionale per la Bioetica, è “un illecito non sempre ben definito nelle legislazioni statali, confuso con altre fattispecie criminose, ricomprendendo in questa espressione non solo la compravendita di organi e il c.d. ‘turismo dei trapianti’ (pazienti provenienti da Paesi ricchi che si recano all’estero per l’acquisto di organi dalle persone indigenti), ma anche l’attività di organizzazioni di intermediazione mirate alla vendita clandestina e la tratta di persone – come nel nostro caso – a scopo di rimozione di organi”.
Storie come queste ci inducono immancabilmente a riconoscere che la questione, per quanto i governi e le associazione ne possano discutere, necessita di maggiore attenzione e risalto, di conseguenza di un intervento immediato.
Michela De Minico