La misura con cui il governo spera di dare sostegno ai poveri che faticano ad arrivare a fine mese è stata approvata ieri, in prima lettura, alla Camera. Il cosiddetto ddl povertà ha incassato 221 voti favorevoli da parte della maggioranza e 22 voti contrari di Sinistra Italiana, mentre l’opposizione costituita da M5S, Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia ha preferito astenersi. Ma cosa prevede esattamente il disegno di legge? E quali sono le reazioni che ha suscitato dentro e fuori l’Aula di Montecitorio?
Il punto nodale del provvedimento – che, lo ricordiamo, deve ora passare al Senato dove potrebbe subire modifiche – è quello relativo al reddito di inclusione. Che prevede un sostegno economico ed assistenziale a favore dei più poveri. Stando a quanto precisato dal premier Matteo Renzi su Twitter, la misura dispone di una dotazione di 1,6 miliardi di euro. E contempla – come già accennato – l’erogazione di un sostegno economico e di alcuni servizi personalizzati. Per usufruirne, occorrerà aderire a progetti di attivazione ed inclusione sociale e lavorativa predisposti da soggetti che, a livello territoriale, si occupano di impiego, formazione, istruzione, tutela della salute e politiche abitative. A monitorare su tutto (stando a quanto trapelato ieri) sarà l’Inps che, con l’ausilio dell’Anagrafe tributaria, dovrà verificare che il sostegno previsto dal provvedimento venga destinato a soggetti che abbiano i necessari requisiti per beneficiarne.
“Oggi si compie un passo importante verso il traguardo di una misura universale di contrasto alla povertà – ha commentato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti – Un reddito di inclusione destinato a tutti i cittadini che si trovano in condizioni di difficoltà, per assicurare un sostegno economico immediato e l’attivazione di servizi personalizzati, incentrati sull’azione delle comunità locali che li aiutino a superare la loro condizione”. Di tutt’altro avviso la deputata di Sinistra Italiana, Maria Nicchi: “Ma quale reddito minimo? – ha tagliato corto – Il Pd e la maggioranza hanno approvato un assegno di povertà, una misura in linea con l’idea di welfare residuale e caritatevole che coltivano da tempo e che hanno ribattezzato reddito di inclusione. Una mistificazione inqualificabile, che spaccia un’elemosina per pochi per una cosa seria”.
E ad emettere un giudizio più che severo sulla misura che ha incassato ieri il primo sì della Camera è stato anche il M5S: “Il Pd imita le nostre proposte come farebbe una scimmia poco ammaestrata – hanno scritto sul blog di Beppe Grillo – e il risultato è all’altezza degli sforzi. Provoca grasse risate e compatimento. L’ultimo esilarante tentativo d’imitazione riguarda il reddito di cittadinanza, il Pd ha proposto il ‘reddito minimo di inclusione’ e l’ha fatto con un emendamento in cui cambia il nome alla Social card che risale al 2012. Oggi (ieri per chi legge, ndr) verrà discussa in Aula questa buffonata che non risolve nulla e, infatti, stanziano meno del 5% della cifra necessaria per pura propaganda”.
Maria Saporito