Dopo il giorno dell’investitura, per il magnate e prossimo candidato repubblicano alla Casa Bianca, Donald Trump, arriva quello dell’accettazione dell’incarico. Un altro piccolo passo verso ciò che fino a 13 mesi fa sembrava solamente uno scenario poco realistico: sarà lui, ufficialmente, a competere con Hillary Clinton per diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti.
Abraham Lincoln, Teddy Roosevelt, Ronald Regan ed oggi Trump, “The Donald”, il magnate che non ha mai avuto alcuna esperienza politica, facile all’attacco, platealmente demagogico. Eppure il suo successo è il fallimento di una classe politica intera, Hillary Clinton compresa. Lo sa bene, Trump, che è un asso nella comunicazione mediatica: “All’estero- dice- l’America è stata umiliata. Il mondo è meno sicuro e meno stabile. Tanto più dopo che Obama mise Hillary Clinton alla guida della nostra politica estera: i suoi errori sono stati sottolineati anche da Bernie Sanders.” “Un cambio di leadership si impone per uscire da tutti questi problemi”.
E ciò che Trump promette è un ritorno all’ordine e alla legge, un pugno di ferro contro le derive instabili che sta vivendo l’America su tutti i fronti immaginabili, da quello sociale a quello economico: “Aumentano gli omicidi. Entrano sempre più numerosi immigrati clandestini. Gli afro-americani e i latinos sono più poveri adesso di quando Obama divenne presidente. I redditi delle famiglie sono più bassi che nel 2000. Il nostro deficit commerciale è massimi storici, 800 miliardi annui. Obama ha raddoppiato il nostro debito pubblico eppure le nostre strade cascano a pezzi, i nostri aeroporti sono da Terzo Mondo.”
Poi propone la sua ricetta, dipingendosi per ciò che i suoi elettori hanno finito per renderlo, il salvatore della patria arrivato in extremis: “Renderò sicuri i nostri confini, vi proteggerò dal terrorismo. Grazie alle mie riforme economiche aggiungeremo milioni di posti di lavoro”. Ce n’è per tutti, Cina e Messico in primis, accusati di captare la maggior parte delle aziende americane che hanno delocalizzato negli ultimi decenni: Riporterò i posti di lavoro qui, nell’Ohio, in America”. Si, conclude:”Rifaremo l’America forte come una volta, orgogliosa come una volta, sicura come una volta.” E a questo punto, si può dire, l’America comincia addirittura a crederci.
Giuseppe Caretta