E’ una vera e propria emorragia che rischia di dissanguare definitivamente il nostro Paese ormai stremato da anni di crisi economica e diaspore politiche infruttuose.
L’ultimo report della Fondazione Migrantes presentato ieri con il titolo “Italiani nel mondo 2016″ mostra dei dati davanti ai quali si rimane attoniti, impauriti e senza alcuna possibilità di soluzione. Partiamo da un primo punto focale, necessario per capire la portata del fenomeno: il 31 dicembre 2015 la quota di connazionali residenti all’estero ha raggiunto cifra 4.811.163, un dato che è più alto del 3,7 per cento rispetto all’anno precedente. In generale la mobilità italiana è aumentate in dieci anni del 54,9% e ciò significa che, semplificando i numeri, pi di un italiano su 12 ormai è emigrato all’estero. Un’emorragia di risorse umane ed economiche incalcolabile.
Poi c’è l’aspetto anagrafico e geografico, che sono altri due assi fondamentali attorno ai quali si sviluppa il fenomeno migratorio italiano contemporaneo: più del 50 per cento dei nuovi immigrati vengono dalle regioni meridionale tanto che, in alcuni paesi come Licata e Favara, in Sicilia, più del 40 per cento dei cittadini è ormai residente fuori dai confini nazionali. Molti di coloro che emigrano, sottolinea ancora il report, sono intenzionati a non tornare più indietro. Un saldo migratorio negativo che rischia di strozzare definitivamente lo sviluppo in prospettiva del nostro Paese.
Per ciò che riguarda la componente anagrafica, invece, è ovviamente la fascia d’età che va dai 18 ai 35 anni ad essere quella che, più delle altre decide di andare a cercare fortuna all’estero. La popolazione che va dai 35 ai 49, invece, è immediatamente alle spalle della prima e contribuisce, assieme ad essa, a formare il 50 per centro degli italiani che oggi hanno deciso di portare la propria residenza all’estero. Come spiega la stessa fondazione nella premessa del rapporto: Il grave problema dell’Italia di oggi è proprio l’incapacità di evitare il depauperamento dei giovani e più preparati a favore di altri Paesi”. Un urlo che, con ogni probabilità, continuerà a cadere nel vuoto proprio come è accaduto in tutti questi anni.
Giuseppe Caretta