In una campagna elettorale atipica come quella che sta vivendo l’America in vista delle elezioni presidenziali del prossimo novembre, tutto sembra rientrare nel gioco strategico dei candidati che si contendono la Casa Bianca, da un uragano imminente alle relazioni extraconiugali, alla dichiarazione dei redditi, alle cartelle cliniche.
E così ieri è stata la volta di quelli che vengono chiamati gli “early voting”, e cioè il voto anticipato consentito in America per posta o di persona in seggi allestiti appositamente. La Clinton aveva infatti confidato in questa carta per far pendere dalla sua parte stati considerati in bilico come la Florida, la Carolina del Nord o il Nevada, ma il governatore Rick Scott ha fatto sapere che, a causa dell’imminente arrivo dell’uragano Matthew, è pressoché inverosimile, se non impossibile, che vengano estesi i termini per la registrazione degli “early voting”, con buona pace della candidata repubblicana. Era stata infatti Hillary Clinton, tramite il manager della sua campagna, Robby Mool, ad avanzare la richiesta confidando in un’affluenza senza precedenti. In Florida, infatti, le richieste di voto via posta tra gli ispanici, segmento di popolazione delle cui simpatie la Clinton si pregia di essere oggetto, “sono aumentate del 77% rispetto al 2012 in questa stessa fase”. Incassato il rifiuto, l’ex first lady si concentra adesso per il prossimo match con il magnate newyorkese che ieri, invece, si trovava a Sandown, in New Hampshire. Qui ha partecipato ad una “town hall”, un incontro pubblico, nel quale gli spettatori rivolgono domande direttamente al candidato. Ed è proprio questa la modalità del prossimo incontro con la Clinton, in programma per il 9 ottobre.
In tutto ciò, beninteso, il tycoon resta un personaggio ostico e scomodo anche per buona parte dei suoi compagni di partito, tanto che la senatrice Gop del New Hampshire, Kelly Ayotte, impegnatissima per la rielezione ha silurato Donald Trump temendo che la sua vicinanza potesse in qualche modo intaccare il suo percorso politico e costargli l’appoggio di quella fetta del Grand Old Party che, ancora, non è riuscita a digerire lo sdoganamento del magnate.
Ed è proprio in una strategia di ammorbidimento delle posizioni più estreme di Donald Trump che si inserisce il candidato repubblicano alla vice presidenza, Mike Pence. Fresco di vittoria nello scontro con il suo parigrado repubblicano, Pence ha dichiarato che la messa al bando dei musulmani in Usa proposta dal miliardario, non è ciò che realmente intende fare Trump: “noi- ha proseguito- vogliamo solo sospendere l’immigrazione dai Paesi compromessi con il terrorismo”.
Giuseppe Caretta