Muore Andrea Mongiardi: aveva ricevuto il cuore di Nicholas Green

Il 29 settembre 1994 una tragedia sulla Salerno-Reggio Calabria costa la vita al piccolo Nicholas Green, 7 anni. La famiglia Green, in vacanza in Italia, venne infatti scambiata per quella di un gioielliere finito nel mirino della malavita locale. La loro auto, identica a quella del professionista che Franco Mesiano e Michele Iannello avevano intenzione di sequestrare, fu affiancata e raggiunta da colpi di arma da fuoco. Uno di questi colpì al cervello il figlioletto Nicholas. Due giorni di coma presso il Policlinico di Messina poi, per lui, non ci sarà più nulla da fare.

Da questo episodio accaduto più di venti anni fa sono partite le storie, le rinascite, di tutti coloro che hanno ricevuto un organo dal bambino ucciso per tragica fatalità. Uno di questi è Andrea Mongiardo, all’epoca 15enne, che  attendeva la donazione di un cuore a causa di una malformazione congenita che gli aveva compromesso definitivamente la possibilità di sopravvivenza. Oggi Andrea è deceduto, all’età di 37 anni, a causa di un linfoma che lo ha beffato nuovamente dopo che già una prima volta aveva visto la morte passargli accanto.

“Malattia subdola che ti prende in silenzio e ti corrode da dentro, ho visto persone trasformarsi nel fantasma di se stesse e il loro volto perdere le sembianze conosciute, fino a desiderare per loro la morte per mettere fine a quella che non è più vita degna di essere vissuta. Oggi più che mai voglio la cura per il cancro!!! C’è un motivo personale per chiedere a tutti di mettere questo messaggio nel suo status almeno un’ora. Io so chi lo farà! Pensa a qualcuno che ami, che aveva il cancro, o sta lottando in questo momento… Il mio desiderio è che nel 2017 la cura sia trovata. Mi auguro di vedere il messaggio sul diario di tutti i miei amici. Non condividere, ma copia e incolla.”

Queste le parole del giovane lasciate come monito sulla propria pagina Facebook. Una vita che lo ha visto diplomato come perito elettronico, prima di finire a lavorare in un call center, sempre in lotta con una salute precaria che non gli ha consentito di vivere senza pensieri.