Primarie a fine aprile, voto a giugno. Sarebbe questa la volontà del segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, espressa nel corso di una telefonata con il Ministro dell’Economia Padoan. Renzi ha inoltre aggiunto di sentirsi pronto a rassegnare le sue dimissioni da segretario nella Direzione di lunedì.
Proprio durante la Direzione, Renzi chiarirà quello che è il suo pensiero. “Legge elettorale e voto a giugno, altrimenti subito il Congresso”. Un modo per mettere spalle al muro tutti coloro che gradirebbero invece che la legislatura arrivi a compimento (e quindi il voto nel 2018, ndr).
Il congresso avrebbe queste date di scadenza fondamentali: dapprima il voto nei circoli sui candidati alla segreteria, con primarie per la leadership a fine aprile, il 23 o il 30. Successivamente, il rinvio delle votazioni sugli organismi dirigenti locali per il prossimo autunno. Ma se dovesse passare la linea del ‘congresso subito e poi voto’, chiaramente il tutto subirebbe una drastica accelerata: il congresso andrebbe infatti convocato subito, in modo tale da mettere la minoranza Dem all’angolo e ‘costringere’ Gentiloni a rassegnare le dimissioni. Ma il piano di Renzi non troverà affatto la strada spianata. In molti all’interno del Governo si oppongono alla posizione del segretario PD: su tutti Dario Franceschini e Andrea Orlando.