Nulla da fare, l’Acropoli non si tocca, neanche per Gucci. E’ più o meno questo il senso del rifiuto che gli organi istituzionali ellenici hanno opposto alla cospicua offerta avanzata dalla casa di moda fiorentina. Il progetto presentato sul tavolo della Commissione archeologica della Grecia (Kas), infatti, prevedeva una sfilata ‘lampo’ di 900 secondi da tenere proprio all’ombra delle antiche vestigia del Partenone.
Un milione di euro per l’affitto della location e 55 milioni di diritti d’immagine derivanti dalla divulgazione di un filmato destinato a girare per il mondo come biglietto promozionale. Questi i termini di una proposta che, i promotori, erano sicuri fosse difficile da rifiutare, visto anche il più che precario stato di salute delle casse d’Atene. Ma la risposta, inaspettatamente, è stata talmente netta che ha lasciato tutti esterrefatti: “Il valore dell’Acropoli- hanno immediatamente puntualizzato dal Kas- è incompatibile con un evento di questo tipo.” Non solo, in tempo di spending review si è arrivati ad argomentare una risposta simile con frasi apparse addirittura blasfeme: “Non abbiamo bisogno di pubblicità. Il simbolismo del monumento sarebbe svilito usandolo solo come ‘sfondo’ per una sfilata di moda”, ha confermato il direttore del museo dell’Acropoli, Dimitris Pantermalis.
Lo stupore davanti a tali esternazioni trova fondamento maggiore nel fatto che, già in passato, la roccia sacra ai greci era stata utilizzata come sceneggiatura naturale durante una sfilata di Dior, avvenuta nel 1951. Serrata di scudi anche da parte della stampa locale. Il quotidiano Kathimerini, infatti, ha stigmatizzato l’accaduto con un editoriale piuttosto polemico: “Concedere l’uso dell’Acropoli sarebbe stata un’umiliazione”. Niente da fare, dunque. La Grecia e l’Acropoli non si toccano. Neppure adesso che il Paese è in ginocchio e gli investitori stranieri, evidentemente, sono pronti a dividersi ciò che resta di questa nazione, povera forse, ma ancora testardamente orgogliosa.