E’ forse l’emblema del fallimento di buona parte delle politiche d’accoglienza italiane ed è, ad oggi, un buco nero nel quale sono finiti a stazionare centinaia di migranti giunti nel nostro Paese. Si tratta di un ex campo di accoglienza in provincia di Foggia, in un paesino dal quale il campo prende il suo nome.
Borgo Mezzanone è un paese che conta poco meno di mille abitanti. Nel Cara (Centro Accoglienza Richiedenti Asilo) che si trova alla sua periferia, possono essere ospitati sino a 700 migranti. Ma non è tutto qui, il dramma sociale ed umano che trova espressione in questo piccolo comune. Alle spalle del Cara sorge il ghetto di Mezzanone, una baraccopoli nella quale finiscono a stazionare decine e decine di uomini e donne incastrati nel limbo della burocrazia, o nascosti nelle lentissime pieghe dei suoi iter. Richiedenti asilo e semplici clandestini, persone che il caporalato utilizza per lavorare nei campi durante la stagione estiva per poco più di 20 euro al giorno. Nel frattempo, nella legge strana e brutale che si instaura in un non luogo come questo, si assiste spesso al proliferare di faide interne per il controllo del campo, ad accoltellamenti, risse e vendita di stupefacenti. E’ il mondo nascosto dove si ritrovano a vivere tutti coloro che la società ha smesso di tentare di accogliere.
Così come nel Cara, finito al centro di un’inchiesta del programma televisivo La Gabbia, anche qui le condizioni igieniche sono aberranti. Cumuli di spazzatura sono abbandonati ai bordi di stradine sterrate, mentre i servizi basilari sono quasi del tutto assenti. Manca l’acqua corrente e la corrente elettrica, manca un servizio di controllo dell’ordine pubblico ed un qualunque processo di integrazione che strappi questi uomini allo stato di barbarie nel quale, a torto o a ragione che sia, sono finiti pur sempre a vivere. E scorrendo le immagini si è come assaliti dall’impressione di ritrovarsi davanti uno scenario che non era troppo distante da quello nel quale sono cresciuti i nostri predecessori fino ad un paio di generazioni fa. Un’impressione fuggevole, ma compassionevole, che si perde nello strepitio dove è finita ad albergare la discussione, necessaria, per un superamento di questa mancanza di prospettive.
A seguire un video del ghetto di Mezzanone:
Giuseppe Caretta