La prima sezione penale della Corte di Cassazione ha accolto la richiesta di differimento della pena presentata dal legale difensore di Totò Riina, sovvertendo di fatto la decisione presa a riguardo dal tribunale di sorveglianza di Bologna lo scorso anno. La decisione della Cassazione si basa sul presupposto del diritto, spettante ad ogni detenuto, di morire in condizioni dignitose, per tanto è stato ritenuto che il diniego espresso dal tribunale di sorveglianza non abbia tenuto in considerazione le condizioni di decadimento fisico in cui versa il detenuto. Le varie patologie da cui è affetto e l’età avanzata dovrebbero essere sufficienti a considerare Riina non in grado di continuare le precedenti attività mafiose, quindi non pericoloso.
Il tribunale di sorveglianza di Bologna dovrà riconsiderare la richiesta in base a questi nuovi criteri di valutazione suggeriti dalla sentenza della Cassazione. Lo scorso anno il diniego al differimento era stato basato sulla convinzione che non ci fosse incompatibilità tra l’infermità fisica del soggetto e la sua detenzione, dato che il detenuto era tenuto sotto osservazione medica e quando necessario gli venivano concessi dei congedi per il ricovero in ospedale. Ma secondo la Cassazione non risulta chiaro dal testo della sentenza come il giudice abbia ritenuto compatibile la detenzione con i criteri di dignità umana spettanti ad ogni detenuto, quindi evidenzia che non è comprensibile come possa essere ritenuto umano: “Il mantenimento il carcere, in luogo della detenzione domiciliare, di un soggetto ultraottantenne affetto da duplice neoplasia renale, con una situazione neurologica altamente compromessa, che non riesce a stare seduto ed è esposto, in ragione di una grave cardiopatia, ad eventi cardiovascolari infausti e non prevedibili”.