Licenziata in tronco dall’Università con la quale collaborava da 15 anni perché incinta. Questa è la denuncia fatta da una ricercatrice di Agraria, Barbara Dal Bello, che nel mese di maggio non ha avuto il rinnovo del contratto- una borsa di studio da 1100 euro netti al mese-, per via di questo increscioso inconveniente rappresentato dalla sua gravidanza.
La storia balza agli onori della cronaca grazie allo “Sportello precari” aperto nel rettorato dell’Università di Torino dal coordinamento dei ricercatori precari di Unito e della Flc Cgil. “Ho avuto una carriera fatta di collaborazioni continuative che è iniziata nel 2002 con il primo contratto – racconta la ricercatrice – Dopo la laurea e il dottorato, ho avuto per quattro anni assegni di ricerca, mentre negli ultimi due ho avuto solo borse di studio che ora non solo non mi danno diritto alla maternità, ma nemmeno all’indennità di disoccupazione”.
“A 37 anni, con laurea e dottorato e tutti i titoli accademici che si possano avere, avevo una borsa di studio da 1100 euro netti al mese – denuncia Dal Bello – Ho scelto che era il momento per fare un figlio anche se sono precaria e con uno stipendio relativamente basso rispetto alla mia qualifica, ma non avrei mai pensato in una risposta come questa”. L’Ateneo, che si è impegnato a prendere in esame il caso, per il momento glissa in attesa di avere le idee chiare sul da farsi. Intanto, il rettore Gianmaria Ajani esprime tutta la propria perplessità sull’accaduto: “Questa è una vicenda – dice Ajani – che segnala come ci sia un vuoto normativo che abbiamo denunciato più volte. Uno dei problemi della precarietà negli atenei è che c’è una vera giungla di contratti, ma sono pochi quelli dove ci sono diritti e garanzie”.
Il caso della ricercatrice sarà uno dei tanti episodi sui quali si discuterà durante l’assemblea nazionale dei precari della ricerca, convocata a Torino per domani nel dipartimento di Fisica.
Giuseppe Caretta