Un membro dei cosiddetti “caschi bianchi” un’organizzazione di interforze attiva in Siria e lungamente lodata dai media occidentali come “eroi di pace” è stato immortalato mentre aiutava dei miliziani non identificati a smaltire i corpi di alcuni soldati dell’esercito siriano decapitati.
Il filmato, molto crudo nelle sue immagini, ha fatto immediatamente il giro della rete finendo al centro di un’annosa polemica che, già nel passato recente, aveva riguardato questi gruppi non facilmente collocabili all’interno del grande calderone siriano. In questo caso, le decapitazioni sarebbero avvenute nella provincia di Daraa, un’area meridionale del Paese, confinante con la Giordania, nella quale diverse fazioni ribelli, come Al-Nusra, sono attive e fortemente radicate.
In seguito all’episodio, l’organizzazione si è affrettata a dichiarare ufficialmente che l’uomo, effettivamente identificato come appartenente alle sue file, sia stato subito rimosso da ogni incarico ed ha affermato che esso “ha agito in modo indipendente e non in qualità di membro” della stessa”.
Ciò non ha comunque spento le polemiche. Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, ha dichiarato che i caschi bianchi sono impegnati in esplicite opere di copertura dei crimini commessi dai terroristi, mentre Eva Barlett, una giornalista canadese molto attiva nel campo dei diritti umani, ha affermato che i loro sforzi “per il salvataggio dei civili” sono solo una messa in scena: “Nessuno- ha detto- ad Aleppo ha mai sentito parlare di loro”. Era il dicembre 2016 e la giornalista si trovava alle Nazioni Unite per un discorso ufficiale in merito alla drammatica situazione siriana.