Società e politica in lutto: è morto Stefano Rodotà

La camera ardente per Stefano Rodotà verrà allestita a Montecitorio, com’è d’uso soltanto per i grandi uomini del nostro Paese. Una perdita pesantissima, in termini umani e civili, che riporta in auge quella maledetta linea di demarcazione oltre la quale spariscono gli ingegni e le sensibilità di questa Italia, così bisognosa d’avere ancora voci fuori dal coro che la aiutino a migliorarsi.

“La cattiva politica è figlia della cattiva cultura”, ebbe a dire Rodotà in un ammonimento rimasto purtroppo inascoltato. E appresso a questo, come tanti frutti che in pochi hanno voluto cogliere, sono rimaste tante sue battaglie civili che hanno fatto di quest’uomo uno dei protagonisti dell’ultimo scorcio di storia del nostro Paese. Nato a Cosenza il 30 maggio 1933, Stefano Rodotà consegue la laurea in legge all’università di Roma nel 1953 e sin da allora, declinando una passione politica che lo seguirà per tutto il resto della propria vita nei Radicali scrivendo sul “Mondo” di Pannunzio. A 22 anni il suo primo articolo finisce in prima pagina. Nel frattempo insegna. Sempre. Comunque. Alla soglia dei 40 anni è già ordinario di diritto civile alla Sapienza, mentre continua a tessere relazioni con intellettuali e uomini politici del suo tempo. Conosce Klauss Mann ed Adorno, grazie alla figlia di Benedetto Croce, Elena, nel cui salotto Rodotà non mancherà di presentarsi con assiduità.

Lo cercano negli Stati Uniti, in  Francia, ad Oxford, in Germania, mentre i Radicali lo portano in Parlamento nel 1979. Vi rimarrà fino al 1993, anno in cui verrà eletto vicepresidente della Camera. Nell’89 aderisce al Pds di Achille Occhetto, diventandone presidente. Una collaborazione mal digerita, per lui, da sempre abituato a considerarsi un indipendente. Attraversa così l’era berlusconiana, venendo nominato Garante della Privacy nel 1997 direttamente dal presidente del Consiglio dell’epoca, Romano Prodi. Nel 2013, in piena fase di rielezione del presidente della Repubblica, i Cinquestelle lo candidano alla successione di Napolitano, salvo poi bollarlo come “un ottuagenario miracolato della rete”, come ebbe a dire Beppe Grillo in un picaresco cambio di alleanze. Alla fine, senza tanti giri di parole, Stefano Rodotà si tirerà da parte e lascerà il Paese, in un afflato di commozione, senza il suo importante, quanto necessario, punto di vista sulle cose del mondo. Aveva 84 anni.

Giuseppe Caretta