Il tribunale di sorveglianza di Bologna ha definitivamente rigettato la richiesta di scarcerazione dei legali di Totò Riina e contestualmente quella di arresti domiciliari. L’appello dei legali del boss di ‘Cosa Nostra‘ era motivato da un peggioramento delle condizioni di salute del loro assistito, ma i giudici, dopo aver vagliato le condizioni del boss ed aver ascoltato le registrazioni di alcune conversazioni tenute dallo stesso durante i mesi di processo, hanno ritenuto che non sussistessero le condizioni fisiche necessarie affinché venisse scarcerato.
Tra le motivazioni addotte al rigetto della richiesta ci sono due conversazioni: nella prima Riina confessa alla moglie che non si “Pentirà” mai di quanto fatto e che non si “Piegherà” allo stato, e afferma che piuttosto accetterà di morire in carcere. Nell’altra parla con un compagno di cella e sostiene che i magistrati si inventino i fatti pur di guadagnare più denaro. In base a quanto ascoltato, i giudici ritengono degno di nota il fatto che Riina non si voglia pentire e piegare al sistema, dimostrazione del fatto che non solo rimane un soggetto pericoloso, ma che riesce a ragionare in maniera lucida e che, quindi, è ancora in grado di gestire gli affari della malavita.
Nelle motivazioni della sentenza si legge che Riina “Appare ancora in grado di intervenire nelle logiche di Cosa Nostra… Va quindi ritenuta l’attualità della sua pericolosità sociale“. Pertanto il boss di ‘Cosa Nostra’ rimarrà nel reparto destinato ai carcerati in regime di 41 bis dell’ospedale di Parma.