In un libro che contiene dodici dialoghi di Papa Bergoglio con il sociologo Dominique Wolton, «Politique et société», in uscita nei prossimi mesi in Francia, il Pontefice confessa: “All’età di 42 anni sono stato in cura da una psicanalista ebrea per sei mesi, ci andavo ogni settimana”.
Si era in Argentina tra il 1978 ed il 1979, nel periodo della dittatura del generale Videla, quando Papa Francesco, lasciati i gesuiti, fu fatto rettore del Collegio Máximo, istituto dedito alla formazione degli studenti che intendevano entrare nella confraternita.
Bergoglio racconta con affetto del legame che si era instaurato con la sua psicanalista la quale, prima di esalare l’ultimo respiro, aveva voluto Padre Jorge Mario al suo capezzale: “quando stava per morire, mi chiamò. Non per ricevere i sacramenti, dato che era ebrea, ma per un dialogo spirituale. Era una persona buona”.
Nei dialoghi col sociologo di origini camerunensi, Bergoglio parla anche della sua vita di oggi: “Mi sento libero. Certo, sono in una gabbia qui al Vaticano, ma non spiritualmente. Non mi fa paura niente”; apostrofa i “preti rigidi, che hanno paura di comunicare“, scongiura la guerra, auspica le pace, torna sulla questione dell’immigrazione: “La nostra è una teologia di migranti, perché lo siamo tutti fin dall’appello di Abramo, con tutte le migrazioni del popolo d’Israele. E lo stesso Gesù è stato un rifugiato, un migrante”.
E a proposito di immigrazione ad un certo punto si rammarica: “l’Europa in questo momento ha paura. Chiude, chiude, chiude…”.
MDM