India, ragazzina abusata rimane incinta ed ottiene di abortire. I medici dicono no

 

 

 

 

 

Una ragazzina indiana di soli 13 anni, che è stata più volte abusata sessualmente da un collega del proprio padre, ha scoperto di essere rimasta incinta e ha denunciato il fatto portando la sua causa in tribunale. La ragazzina, ormai all’ottavo mese di gravidanza, aveva ottenuto nei giorni scorsi il parere positivo della Corte Suprema alla sua richiesta di poter abortire, seppur fuori tempo massimo.

In India, infatti, l’aborto è legale fino alla 20esima settimana. La ragazzina, forte del permesso che la legge le aveva accordato, si è presentata in ospedale per portare fino in fondo la pratica relativa all’aborto. Ma i medici hanno detto no. Il motivo? Un aborto all’ottavo mese di gravidanza avrebbe messo in pericolo la vita della stessa tredicenne.

Il bambino è quindi venuto al mondo nella giornata di oggi, a Mumbai, e la ragazzina si è trovata suo malgrado a dover partorire e con un taglio cesareo. Il bimbo è nato sottopeso (1,7 kg) ed è stato spostato nel reparto di rianimazione. Non si conosce l’identità della giovane madre e non si sa neppure cosa ne sarà del piccolo. Qualora venisse rifiutato, in caso di sopravvivenza, sarà affidato alle cure degli uffici statali appositi. La vicenda è stata raccontata da diverse testate locali, tra cui OneIndia e l’Hindustan Times.

La storia di questa ragazzina indiana è una vicenda abominevole che si aggiunge ad un numero imprecisato di crimini commessi in India contro le donne, non sempre denunciati. Tra tutti questi crimini trovano largo spazio, appunto, gli stupri e le violenze domestiche. Addirittura, lo stupro in ambito coniugale in India non è ritenuto reato penale. Tutto ciò fa sì che l’India abbia addirittura ottenuto lo spiacevole record di posizionarsi quarto nella classifica dei Paesi che al mondo sono più pericolosi per le donne (sondaggio effettuato dalla Thomson Reuters).

Maria Mento