Uno studio scientifico realizzato dagli esperti dell’Università di Zhejiang, in Cina, ha messo in luce come anche le intelligenze artificiali di Siri, Alexa e Google Now potrebbero essere violate dai pirati informatici. Come? Attraverso l’utilizzo di onde che si collocano nella frequenza degli ultrasuoni, e che quindi risultano non identificabili dall’orecchio umano.
A questa tecnica di hackeraggio è stato dato il nome di “DolphinAttack”, dal momento che il comando degli ultrasuoni ricorda il modo in cui comunicano tra loro i delfini. Con gli ultrasuoni si riesce a comandare a distanza gli assistenti vocali, traducendo così i comandi vocali, e non c’è nemmeno bisogno di fare sforzi economici immani.
Per l’esperimento realizzato dall’Università cinese sono stati impiegati un altoparlante, un amplificatore ed è stato applicato allo smartphone impiegato un hardware di comune e facile utilizzo. Tra le aziende i cui dispositivi possono presentare tale falla nei loro sistemi ci sono tutte le principali, da Samsung ad Amazon, da Huawei ad Apple. Fino, ovviamente, ad arrivare anche a Google e Microsoft.
Una notizia, questa, che ci fa comprendere come anche la privacy più personale e tutta contenuta nella memoria dei nostri smartphones potrebbe essere spiata da terzi. Gli studiosi cinesi, tuttavia, hanno voluto rassicurare l’utenza mondiale. Chiunque volesse hackerare i nostri dispositivi utilizzando gli ultrasuoni dovrebbe trovarsi molto vicino a noi, a solo qualche centimetro di distanza, e per meglio proteggerci sarebbe utile disattivare gli assistenti vocali se non utilizzati.
Maria Mento