“Mani Pulite ha prodotto un vuoto: è da lì che sono cominciati i partiti personali a cominciare da me“. L’ex magistrato Antonio Di Pietro, uomo cardine del processo denominato Mani Pulite, spiega le conseguenze di uno dei processi alla politica italiana più imponenti di sempre.
Di Pietro, infatti, crede che dopo la grossa voragine creatasi dopo il processo, l’integrità dei vecchi partiti è venuta meno, favorendo così lo sviluppo di partiti personali, cioè incentrati più sulla persona e il carisma piuttosto che sulle idee politiche.
Quando però gli viene chiesto se in qualche modo rinnega il processo Mani Pulite, lui risponde così: “No, non confondiamo. Io rifarei tutto. Ho fatto tanti mestieri, il poliziotto, il magistrato, il politico e non rinnego nulla, meno di tutto Mani Pulite. Ma da magistrato ho condannato delle persone, non un sistema. Quelle persone rappresentavano idee politiche. E alcuni le mettevano in pratica facendo il proprio dovere, come Aldo Moro o Giorgio La Pira, e altri utilizzando il loro ruolo per interessi personali“.
Secondo Di Pietro “dalla fine della Prima Repubblica sarebbero dovute emergere nuove idee e persone che le portassero avanti. Invece da quell’inchiesta è nato un grande vuoto e sono comparsi personaggi rimasti sulla scena politica più per se stessi che per altro, a cominciare da me. Penso a Berlusconi, a Bossi, a Salvini, a Renzi. Lui ha ottenuto il 40% alle europee puntando sull’idea ulivista. Però il personalismo è prevalso e infatti il Pd si è frantumato“.
Quando poi il discorso verte sulle intercettazioni, l’ex magistrato non ha dubbi: “Nell’epoca moderna tutti viviamo con il telefonino in mano, anche i delinquenti. Quindi le intercettazioni sono fondamentali, non vanno in alcun modo boicottate. Servono per avere prove di reato, non per gli adulteri o il gossip“.
Mario Barba