Torino, continuano le dichiarazioni di Aicha Elisabethe Ounnadi. “Non meritavo il licenziamento”

 

 

 

 

 

 

Ci siamo già occupati giorni addietro della storia di Aicha Elisabethe Ounnadi (qui il link per leggere il pezzo), la netturbina che è stata licenziata a Torino con l’accusa di aver prelevato dai rifiuti un vecchio monopattino per fare un regalo al figlio. La donna, in questi giorni, ha continuato a sfogarsi e le sue dichiarazioni sono diventate virali, scatenando la rabbia e l’indignazione del popolo dei social.

Elisa (questo il nome con cui la donna viene chiamata da amici e conoscenti in Italia) è stata invitata a raccontare la sua storia a Barbara d’Urso, nel salotto di “Pomeriggio cinque”. Il monopattino in questione (gioco che suo figlio non ha mai ricevuto) le era stato passato da una collega e recava un biglietto: “Ma era illeggibile, così prima l’ho messo nell’armadietto al lavoro e poi l’ho caricato in auto per portarlo a casa. Ma non volevo rubare nulla a nessuno“, ha raccontato Elisa.

La donna ha fatto sapere che, ritenendo ingiusto il suo licenziamento, si è rivolta agli avvocati. La sua situazione rimane incerta, anche perché a quanto pare la sua azienda non avrebbe alcuna intenzione di rivedere la sua posizione. L’Amministratore Delegato dell’azienda, anche lui intervenuto su Canale cinque, ha infatti dichiarato che si è scelto di procedere col licenziamento perché non era la prima volta che la donna indugiava in comportamenti simili e che già in passato era stata rimproverata in proposito.

Una storia davvero incredibile questa di Aicha, che ora è preoccupata perché con il lavoro che le è stato tolto manteneva la sua famiglia. Tutto per un monopattino rotto, vecchio, gettato via e a cui non poteva interessare a nessuno. E sui social si è intanto scatenata ogni tipo di polemica. C’è chi sostiene che la donna sia stata silurata perché di origini africane, chi ancora parla di un qualche collega che avrebbe volontariamente messo in difficoltà Elisa attendendo l’occasione giusta.

Molti altri utenti hanno parlato di mancanza di umanità da parte dell’azienda, sostenendo che è ignobile quanto raccontato dalla donna, e cioè che adesso suo figlio si sente in colpa per essere stato in qualche modo causa del licenziamento della mamma. Intanto, su Change.org è partita una petizione che chiede il reintegro professionale di Elisa: hanno già aderito almeno 200 firmatari.

Maria Mento