A 65 anni dalla sua morte, le spoglie della Regina Elena di Savoia sono state tumulate in Italia. Elena di Savoia è stata spostata dal cimitero di Montpellier in cui riposava (la donna è morta in Francia nel 1952) nella Cappella di San Bernardo, presso il Santuario di Vicoforte (Mondovì, Cuneo). Adesso si attende il ritorno in patria della salma di un altro dei protagonisti della storia del nostro Paese: il marito di Elena, Vittorio Emanuele III.
Il ritorno in Italia- seppur da morta- della Regina Elena è stato accompagnato da numerose polemiche. Vittorio Emanuele si è schierato in prima linea contro le parole della sorella Maria Gabriella, affermando di non essere stato informato di questa traslazione. Maria Gabriella aveva in precedenza dichiarato: “Confido che il ritorno in Patria della Salma di Elena di Savoia, la Regina amata dagli Italiani, concorra alla composizione della memoria nazionale nel 70esimo della morte di Vittorio Emanuele III (28 dicembre 1947) e nel Centenario della Grande Guerra”.
Vittorio Emanuele non soltanto ha puntato il dito contro la modalità di traslazione della salma della nonna, avvenuta in gran segreto e senza tributarle gli onori dovuti, e contro la mancata traslazione nel Pantheon, come da lui richiesto. “Giustizia sarà fatta quando tutti i sovrani sepolti in esilio riposeranno nel Pantheon di Roma“, avrebbe detto Vittorio Emanuele. “Un insulto alla sua memoria”: ha anche così descritto l’accaduto uno dei protagonisti dell’esilio dei Savoia nel secondo dopoguerra.
All’indomani della fine del secondo conflitto mondiale e alla nascita della Repubblica Italiana (sancita dal referendum del giugno del 1946) la casata dei Savoia fu esiliata e per molti decenni tutti i discendenti maschi degli ex sovrani non potettero fare ritorno in Italia. A stabilire l’esilio fu la XIII Disposizione Transitoria e finale della Costituzione della Repubblica Italiana, nel 1947.
Questo quanto sancito dalla Disposizione Transitoria: “I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici nè cariche elettive. Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale. I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli”.
Le motivazioni di questo esilio sono da ricercare più in questioni dinastiche che non, di fatto, nell’appoggio che i Savoia diedero al Fascismo ed alle promulgazioni delle leggi razziali come si è sempre sostenuto in larga parte. I fautori della Repubblica, infatti, temevano in primis la possibilità che i monarchici potessero coalizzarsi a favore del pretendente al trono e rovesciare il nuovo ordinamento politico che l’Italia si era data. Con l’abrogazione della Disposizione Transitoria (2002), però, i discendenti dei Savoia (Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto) hanno rinunciato ad ogni sorta di voluttà dinastica, dichiarandosi fedeli alla Repubblica.
Maria Mento