A quasi due mesi di distanza dalle elezioni politiche nazionali del 4 marzo 2018, l’Italia non ha ancora un governo. Rimangono, coì, dissertazioni puramente teoriche tutte le promesse che sono state fatte dai candidati in campagna elettorale. Tra tutte le promesse, non si smette di parlare del reddito di cittadinanza promesso dal Movimento 5 Stelle: sarà realmente possibile erogarlo?
Il reddito di cittadinanza non funziona: il caso della Finlandia
Per vedere se il reddito di cittadinanza funziona o meno è possibile andare a spiare nell’orticello altrui. L’esperienza più clamorosa, in questo senso, è quella della Finlandia ed è stata raccontata dal Corriere della Sera. Per ben un anno duemila finnici disoccupati– di età compresa tra 25 e 58 anni- hanno ricevuto un assegno mensile di 560 euro ma, dopo questi dodici mesi, l’erogazione di questo denaro è stata fermata. Bisogna, semplicemente, trovare nuove forme di contrasto nei confronti della disoccupazione e quindi il reddito di cittadinanza è stato cancellato dai piani del governo finlandese, che non lo metterà più in atto.
Il paradosso del reddito di cittadinanza: erogato anche a chi trovava un lavoro
Ma c’è di più. Da quanto emerge sull’esperimento annuale condotto in Finlandia, intervistando alcuni beneficiari, il reddito di cittadinanza non avrebbe smesso di supportare quei disoccupati che– grazie al centro per l’impiego locale- riuscivano a trovare un’occupazione. L’assegno mensile è continuato ad arrivare, esentasse, andandosi ad aggiungere alla paga ottenuta con un regolare lavoro. In Italia, si parlerebbe di un assegno mensile di reddito di cittadinanza pari a 780 euro ma, come già detto anche da molti politici, la sua erogazione non sarebbe immediata: ci sono dei tempi burocratici da rispettare per la sua messa in atto. Inoltre, si constata che la Finlandia è un Paese che vanta basi solide a livello di aiuti nei confronti dei disoccupati. Come detto anche da Juha Sipilä (Partito di Centro Finlandese), il reddito di cittadinanza “per il governo non è tanto o non solo una misura di lotta alla povertà, in un Paese che ha già strumenti di welfare molto robusti (sussidi di disoccupazione, sussidi per la casa, sussidi per i figli eccetera) è, piuttosto, un modo per tagliare la burocrazia e per ridurre i disincentivi alla ricerca di lavoro e alla creazione di nuovo lavoro”. In Italia, uno dei Paesi più duramente colpito dalla crisi economica, probabilmente non esistono sono nemmeno i fondi da destinare ad un tale progetto, che in questo caso sarebbe una misura cuscinetto atta ad arginare la povertà (a differenza di quanto concepito in Finlandia).
Maria Mento