Le spoglie del “Mostro di Firenze” nascoste in un luogo segreto
Quel che è rimasto di Pietro Pacciani, il cosiddetto “Mostro di Firenze”, sarà nascosto alla vista e alla memoria delle generazioni future.
A deciderlo è stato il Comune di Valdipesa, dove il Pacciani ha vissuto a lungo, a seguito dei continui episodi di trafugamento del corpo del presunto serial killer, da parte di alcuni curiosi morbosi.
Il corpo dell’assassino delle coppiette, secondo la verità processuale tutt’oggi rimasta incompleta, è stato seppellito esattamente 20 anni fa. All’epoca, il cappellano del carcere, don Cuba, celebrò il funerale e fece seppellire il corpo nel cimitero di Mercatale di fronte a decine di giornalisti, due investigatori e suor Elisabetta.
I resti del Pacciani
Nel 2013 fu portato al cimitero di San Casciano, dove la Procura decise di “sequestrare” una parte dei resti, i quali sono adesso custoditi in forma giudiziaria in un luogo sicuro. Dalla scoperta del dna si sono riaperti tanti di quei cosiddetti ‘cold case’ e chissà che in futuro la scienza e la tecnologia non ci permetteranno di tracciare nuove piste.
I resti non sottoposti a sequestro vennero poi spostati nell’ossario del cimitero di San Cascino.
Nessuno dei familiari del Pacciani sembra possa avere un qualche motivo per rivendicare i suoi resti. La moglie è stata vittima di continue percosse da parte di Pacciani nel corso del suo matrimonio con lui e le figlie, in maggior misura la più grande, sono state violentate per anni.
A chi interessano, allora, i resti del “Mostro di Firenze”?
Al di là di alcune persone comuni e tombaroli improvvisati, infatuati dal “mito” del serial killer, vi sono stati diversi dipartimenti di scienza forense americani che hanno richiesto di poter studiare le ossa e il dna del Pacciani.
I pochi resti delle ossa del Pacciani sono adesso state sparse in una fossa comune, nota a sole due persone. La botola, in totale segreto, è stata aperta e le ossa riversate al suo interno. Adesso sarà davvero impossibile per chiunque poter recuperare qualcosa.
Mario Barba