Gianluca Vialli, ex calciatore di Sampdoria, Juventus e Chelsea, ex allenatore e commentatore sportivo si è raccontato in una lunga interivsta al ‘Corriere della Sera’.
Una lunga intervista di Aldo Cazzullo che precede l’uscita del libro – il secondo libro – dell’ex attaccante (‘Goals. 98 storie + 1 per affrontare le sfide più difficili’) e che gli dà modo di togliersi qualche sassolino dalla scarpa – soprattutto in merito alla vicenda doping – e, soprattutto, di dichiarare pubblicamente di essere stato colpito dal cancro nell’ultimo anno.
Ma andiamo con ordine.
Circa il processo per doping nel quale fu ascoltato come testimone: “Avrei potuto vivere più serenamente quella vicenda, come altri colleghi. Non ce l’ho fatta. Fu un’ingiustizia. Se prendevamo la creatina? Per qualche mese. Come tutti. Lecitamente”.
E circa l’altra vicenda giudiziaria che ha visto coinvolta la Juventus – Calciopoli – Vialli s’è così espresso, evitando eventuali revisionismi (che – in Italia – vanno sempre per la maggiore): “Quella Juve avrebbe potuto vincere 6 o 7 scudetti su 10, rispettando le regole. Ma poi la gola ha fatto sì che tentasse di vincerli tutti, non rispettando le regole“.
Quindi, l’aspetto magigormente evidenziato quest’oggi dai media, la lotta contro il cancro (in realtà, nell’intervista ci sono altri spunti interessanti, come il rappporto con Mantovani o il dettaglio del tifo per l’Inter da bambino): “Ne avrei fatto volentieri a meno. Ma non è stato possibile. E allora l’ho considerata semplicemente una fase della mia vita che andava vissuta con coraggio e dalla quale imparare qualcosa. Sapevo che era duro e difficile doverlo dire agli altri, alla mia famiglia. Non vorresti mai far soffrire le persone che ti vogliono bene: i miei genitori, i miei fratelli e mia sorella, mia moglie Cathryn, le nostre bambine Olivia e Sofia. E ti prende come un senso di vergogna, come se quel che ti è successo fosse colpa tua. Giravo con un maglione sotto la camicia, perché gli altri non si accorgessero di nulla, per essere ancora il Vialli che conoscevano. Poi ho deciso di raccontare la mia storia e metterla nel libro”.
Come sta oggi Vialli? “Bene, anzi molto bene. È passato un anno e sono tornato ad avere un fisico bestiale (Vialli ride, ndr). Ma non ho ancora la certezza di come finirà la partita. Spero che la mia storia possa servire a ispirare le persone che si trovano all’incrocio determinante della vita. E spero che il mio sia un libro da tenere sul comodino, di cui leggere una o due storie prima di addormentarsi o al mattino appena svegli. Un’altra frase chiave, di quelle che durante la cura mi appuntavo sui post-it gialli appesi al muro, è questa: “Noi siamo il prodotto dei nostri pensieri”. L’importante non è vincere; è pensare in modo vincente. La vita è fatta per il 10 per cento di quel che ci succede, e per il 90 per cento di come lo affrontiamo. Spero che la mia storia possa aiutare altri ad affrontare nel modo giusto quel che accade. Vorrei che qualcuno mi guardasse e mi dicesse: “È anche per merito tuo se non ho mollato””.
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