Il viaggio di Voyager 2: l’essenza dell’umanità tra le stelle alla ricerca di una risposta aliena
Se c’è un aspetto della natura umana che ci caratterizza sin dagli albori della nostra specie è sicuramente il desiderio di esplorare e conoscere i nostri limiti per superarli. Il desiderio di svelare l’ignoto è ciò che ha condotto gli esseri umani all’evoluzione tecnologica, ai viaggi verso luoghi sconosciute ed impervi, al superamento di limiti che in principio sembrano invalicabili.
L’esplorazione dello spazio è l’emblema del desiderio umano di conoscenza, è la necessità di trovare nuovi confini da valicare, ma è anche una disperata richiesta di aiuto al resto del creato, poiché nasconde la paura di essere i soli nell’universo, la paura che tutta la nostra esistenza sia priva di un significato supremo. Si potrebbe dire che l’esplorazione dello spazio è un modo pratico di cercare risposta alle domande esistenziali che da sempre ingombrano la mente dell’uomo.
Il viaggio di Voyager 2: l’umanità cerca un contatto nello spazio
Proprio la voglia di scoprire se siamo soli nell’universo e nella galassia in cui gravita la terra è ciò che ha spinto la Nasa ad inviare nello spazio la Voyager 2. All’interno della sonda partita dalla terra la bellezza di 41 anni fa, infatti, c’è uno spaccato dell’essenza umana: ci si trovano infatti pezzi di musica classica, di musica rock, immagini, saluti in 55 lingue (tra vive e morte), un messaggio del presidente Jimmy Carter e un messaggio in codice morse che recita: “Attraversiamo le difficoltà in mezzo alle stelle”. Il tutto nella speranza che una forma di vita intelligente lo trovi e provi a ricontattarci per stabilire un rapporto di pace e collaborazione.
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