Com’è cambiata la manovra dopo l’accordo con l’UE?
Il tanto cercato accordo con l’Unione Europea sulla manovra di bilancio 2019 è finalmente giunto dopo un paio di mesi da brivido che hanno portato lo spread costantemente sopra quota 300 e che hanno fatto temere l’avvio di una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea. I rappresentanti del governo hanno a più riprese sostenuto che l’Italia non avrebbe accettato gli ultimatum e che, come nel caso dei migranti, sarebbe stata l’Europa a cedere.
Così non è stato, il governo ha dovuto cedere eccome alle richieste dell’UE e questo non ha avuto effetti negativi solo sui finanziamenti stanziati per il reddito di cittadinanza e la riforma delle pensioni, ma su altri aspetti di cui si tende a non parlare.
Le rinunce del governo per l’accordo
Il primo dato che emerge è che sono state definanziate le risorse del Fondo per favorire lo sviluppo del capitale immateriale, la competitività e la produttività (75 milioni in meno nel 2019 e 25 nel 2020). Ridotta anche la disponibilità delle casse del Fondo per lo sviluppo e la coesione territoriale (800 milioni in meno). Una rimodulazione delle disponibilità è stata attuata anche alla quota nazionale per il finanziamento delle politiche comunitarie (850 milioni in meno per il 2019).
Per rientrare nell’accordo, dunque, sono stati effettuati tagli ai finanziamenti a cui si aggiungono aumenti all’Irap e Iref per determinate categorie di lavoratori. Ma quello che spaventa di più è il fatto che per finanziare Reddito di cittadinanza e Quota 100 a pieno regime dal 2020 verranno attivate le clausole salvaguardia che comportano l’aumento dell’Iva. Per evitare che questo scenario si presenti, sarà necessario reperire ingenti somme di denaro da altre fonti.
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