Partiremo dalla riflessione di Enrico Mentana – intellettuale dei nostri tempi più che semplice giornalista – per i nostri auguri di Buon Natale.
Un semplice post sul suo profilo pubblico Facebook, in cui sostanzialmente il Direttore de La7 evidenzia due cose:
– anche chi non crede subisce il fascino della festa che ricorda la nascita di chi ha predicato l’amore e la fratellanza, il rispetto del prossimo e il sacrificio.
– Senza la cultura, l’arte e il pensiero cristiano la nostra storia comune sarebbe molto più povera.
E se circa il secondo punto potremmo anche convenire (ma ci chiediamo perché ricordarlo solo oggi e non magari in maniera sistematica tutto l’anno, facendo opera di divulgazione: quali sono questi elementi della cultura, dell’arte e del pensiero critiano che fanno parte della nostra storia comune?) sarebbe interessante valutare assieme il primo.
Anche chi non crede subisce il fascino della festa che ricorda la nascita di Gesù.
Tecnicamente è vero, il 25 dicembre è il giorno in cui si celebra la nascita – in una stalla, dopo che i suoi genitori sono stati rimbalzati un po’ ovunque in quel di Betlemme – del figlio di Dio.
Ma chiedo a voi: dove vedete ricordata la nascita “di chi ha predicato l’amore e la fratellanza, il rispetto del prossimo e il sacrificio”?
Se non attraverso alcune persone – a noi più o meno vicine – che testimoniano la cristianità il 25 dicembre (sono coloro i quali che poi lo fanno tutto l’anno, come è giusto che sia), non ci pare che la società ricordi la natività né tantomeno la figura di chi ha predicato tutte quelle belle cose di cui su.
La società ricorda la necessità di fare l’albero di natale, la necessità di illuminare le nostre città (e per carità, sono bellissime le nostre città illuminate a festa. Ma non è questo il punto), la necessità di fare regali un po’ a tutti (anche a persone che magari non amiamo. Ma si sa che a Natale siamo tuti più buoni), la necessità di mangiare e bere in quantità.
Al massimo, ci ricorda di fare il presepe (che magari vorremmo nei luoghi pubblici).
Peccato che poi dimentichiamo che nel presepe, il 25 dicembre, dovremmo mettere quel bambino che di lì a qualche anno dirà (citamo le parole di Matteo 25:35-37):
“Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”.
E non ci pare che, al giorno d’oggi, siano in molti a dare da mangiare agli affamati, da bere agli assetati et cetera et cetera.
Buon Natale a quelli che lo fanno, magari in silenzio, perché pare che sarà loro il regno dei cieli (che lo vogliano o meno, ciò è scritto).
E Buon Natale a quelli che non lo fanno e magari credono pure: siamo certi che avranno il tempo di ravvedersi.