Terremoto Etna, il pericolo è cessato? “Non si escludono eventi simili a quello del 26 Dicembre”

Non si escludono eventi simili a quelli del 26 dicembreTerremoto Etna, il rischio sismico legato all’attività vulcanica è cessato? Parola all’esperto

La scossa di terremoto con epicentro a Fleri (Zafferana Etnea) del 26 dicembre ha causato molteplici danni alle abitazioni dei paesi etnei costringendo alcuni dei residenti ad abbandonare le proprie case. Proprio gli sfollati sono coloro che il giorno dopo l’accaduto hanno manifestato la propria rabbia contro gli esperti e gli addetti al controllo dell’attività eruttiva, rei a loro avviso di non aver avvertito la popolazione del rischio di un terremoto di tale entità. Per fortuna i crolli non hanno causato nessuna vittima (sono 28 i feriti lievi), ma in tutto il catanese la preoccupazione di una nuova scossa è tutt’ora elevata.

Ad alimentare il timore di possibili catastrofi ci sono i titoli dei quotidiani di tutta Italia che riportano il rischio che l’attività sismica del vulcano più alto d’Europa possa causare il temutissimo “Big One” (un terremoto con conseguenze catastrofiche) o che il movimento del magma possa causare l’apertura di una bocca anche ad altitudini inferiori.

Per capire quali sono i reali rischi legati all’intensa attività eruttiva di questi giorni dell’Etna e se c’era la possibilità di prevedere un terremoto di tale entità, abbiamo contattato il Professor Marco Viccaro, docente di Geochimica e Vulcanologia presso l’Università degli Studi di Catania e membro dell’INGV, il quale, come nel caso del “pericolo tsunami”, ci ha aiutato con la consueta disponibilità e pazienza a capire meglio la situazione.

Etna, rischio sismico ed eruttivo: per evitare danni è necessaria educazione e prevenzione

A partire dalle parole del suo collega Marco Neri, c’è la possibilità che sull’Etna ci siano fratture a quote inferiori: quanto inferiori?
Il record eruttivo dell’Etna nel corso degli ultimi 15 anni circa è caratterizzato da eruzioni scaturite quasi esclusivamente dai crateri sommitali oppure da fratture eruttive comunque collocate nelle parti alte dell’edifico vulcanico. L’Etna, tuttavia, è un vulcano che può avere attività eruttiva anche sui propri fianchi, a quote decisamente più basse. Al di là dell’entusiasmo generale sui social networks suscitato dalla spettacolare attività eruttiva iniziata il 24 Dicembre, che questa non fosse la consueta eruzione dell’Etna come altre recenti è stato subito più che evidente. Nel corso degli scorsi mesi/settimane, il vulcano è andato incontro ad un costante trend di “inflation”, ovvero rigonfiamento dei fianchi, a testimonianza del fatto che nuovo magma stava entrando all’interno del sistema di alimentazione. Questo nuovo magma aveva due strade da poter percorrere: la prima è la solita via che trova sbocco ai crateri sommitali, la seconda è invece una nuova strada, controllata dalle strutture tettoniche che caratterizzano l’edifico vulcanico, che porta sui fianchi dell’edifico stesso. Per ragioni che saranno oggetto di studi futuri da intraprendere, il magma questa volta ha percorso la seconda via. Non è la prima volta che accade e non sarà neanche l’ultima, con ogni probabilità. La storia eruttiva dell’Etna ci insegna che le eruzioni laterali o di fianco possono avere dinamiche molto complesse. Questo perché il magma non ha una via agevole e sempre continua da poter percorrere, piuttosto deve aprirsi la strada inducendo quindi uno stress nella crosta fino alla sua fratturazione. Lo stress può essere anche trasferito a strutture tettoniche limitrofe che, come una sorta di domino, possono attivarsi producendo terremoti come quello delle ore 3.19 del 26 Dicembre. Non è dunque da escludere che, nonostante da ieri pomeriggio – 26 Dicembre – l’attività eruttiva alla frattura con la terminazione inferiore collocata sulla parete ovest della Valle del Bove a 2400 metri sia diminuita, ci possa essere un nuovo rinvigorimento dell’attività, eventualmente anche con apertura di bocche a quote inferiori.

Quali sono i potenziali rischi per la popolazione? In che modo bisognerebbe fare prevenzione?
Ad oggi, con l’attuale quadro sismico ed eruttivo, non è possibile fare previsioni sull’evoluzione che potrebbe avere questa situazione. Non è dunque opportuno parlare dei potenziali rischi associati in mancanza di scenari concreti, poiché avrebbe come effetto soltanto quello di incrementare il senso di inquietudine che pervade in questo momento la popolazione. Di prevenzione, in questa come in altre recenti occasioni, se ne parla purtroppo solo a seguito di disastri naturali. Terremoti ed eruzioni vulcaniche richiedono però una prevenzione, ma direi anche una preparazione, sul medio-lungo periodo antecedente all’evento catastrofico. La prevenzione richiede infatti in primis una saggia consapevolezza di ciò che si deve gestire, ma è talvolta lampante come invece ci sia totale incoscienza sui rischi derivanti da alcune fenomenologie naturali o, ancor peggio, si sfidi la sorte confidando nel presunto temperamento bonario della nostra Terra. Mi riferisco ad esempio alle costruzioni abusive, a quelle che non sono state adeguate seguendo le norme anti-sismiche più recenti, a quelle erette in zone che possono facilmente essere soggette ad inondazioni o ad invasione di colate laviche e correnti piroclastiche (non pensiamo soltanto all’Etna, riflettiamo sulla situazione allarmante nelle aree del Vesuvio e Campi Flegrei). Maggior consapevolezza sui rischi naturali e la loro gestione si potrebbe acquisire con seri programmi di formazione nelle scuole, così come succede in altri Paesi, per far crescere i nostri bambini e ragazzi con piena coscienza su ciò che sta loro attorno.

Circa la “rabbia degli sfollati”, quali sarebbero state potenziali azioni concrete di prevenzione? Immagino che comunque non si sarebbe potuto evitare il danneggiamento delle abitazioni, se non ristrutturando previamente: quali potrebbero essere comunque azioni di prevenzione efficaci ed immediate?
Esattamente. Come detto in precedenza la prevenzione più efficace è quella che si concretizza sul medio-lungo periodo. Nel caso specifico, interventi di ristrutturazione e/o adeguamento secondo le norme anti-sismiche in vigore avrebbero certamente evitato danneggiamenti alle strutture abitative così eccessivi. È rilevante sottolineare che il terremoto di magnitudo 4.8 del 26 Dicembre non è stato, in senso assoluto, un evento particolarmente energetico. È stato molto superficiale (circa 1.7 km di profondità, grazie alla stima dei colleghi dell’INGV) e questo ne ha enfatizzato la percezione e l’intensità. Non è però accettabile che con terremoti di questa portata si stia sempre a fare la conta dei danni (in questo caso fortunatamente solo di questi, e non anche di vittime). Il basso versante sud-orientale etneo è stato già interessato da eventi simili nel passato, anche abbastanza recente (i più rilevanti sono quelli del 1875, 1907, 1984 e 2002). Per quanto la magnitudo per questo tipo di eventi sia generalmente compresa al massimo tra 4 e 5, la profondità relativamente bassa alla quale possono essere collocati gli ipocentri impone che ci siano interventi massicci di adeguamento delle strutture. Questi interventi dovevano già esser stati eseguiti. Sinceramente, nell’immediato non c’è molto altro da fare se non attendere che il sistema vulcanico abbia trovato finalmente il suo nuovo equilibrio.

Circa la possibilità di un “super-terremoto” (usiamo l’espressione sensazionalista con cui molte realtà hanno scritto di un ipotetico sisma di magnitudo maggiore che potrebbe colpire prossimamente Catania), abbiamo già parlato assieme dell’imprevedibilità dei fenomeni sismici. Per quanto repetita iuvant, vorrei piuttosto chiedere: c’è comunque la possibilità che avvengano altre scosse di intensità pari a quella del 25 notte o in qualche maniera l’attività vulcanica potrebbe far pensare ad una tregua?
Ribadiamo intanto che non è possibile prevedere un terremoto, sia piccolo sia grande. Questo vale per qualsiasi area sulla Terra, e quindi anche per l’Etna, Catania, la Sicilia etc. Come già detto, le eruzioni laterali dell’Etna hanno dinamiche talvolta lunghe e complesse, con momenti di stanca alternati a riprese dell’attività eruttiva anche dopo giorni o settimane. Se il sistema non ha ancora raggiunto il suo nuovo equilibrio (e questo lo capiremo nei prossimi giorni/settimane), non è da escludere che ci possano essere altri eventi che rilascino energia comparabile a quella del terremoto del 26 Dicembre.

Per finire, potrebbe spiegare in poche parole ai nostri lettori la natura di queste scosse? Cosa esattamente sta avvenendo sotto il suolo catanese?
La Sicilia è un territorio ad elevata sismicità, questo è più che risaputo. La natura dei terremoti può essere però molteplice, ovvero indotti da movimenti di masse magmatiche nel sottosuolo oppure legati alla complessa geodinamica in cui si contestualizza la regione. Lo sciame sismico di questi giorni è da mettere in relazione, senza alcun dubbio, all’ingresso di nuovo magma nel sistema di alimentazione del vulcano. L’edificio risponde rigidamente a questa sollecitazione, accomodando la deformazione attraverso il movimento delle strutture tettoniche (faglie e sistemi di faglie) presenti nell’edificio stesso. Sono proprio questi movimenti, per lo più superficiali, che causano i terremoti e gli sciami sismici a cui stiamo assistendo. I terremoti storici e/o recenti in Sicilia che rientrano invece nella seconda grande categoria sopra accennata, completamente sconnessi dal movimento di magma e/o attività vulcanica, sono, tra gli altri, quelli del 1693 (Val di Noto), 1908 (Stretto di Messina) oppure quello del 1968 (Belìce).

F.S./R.DV.