Il Senatore Taricco sugli scontri tra ‘PD’ e ‘Movimento 5 Stelle’
Buonasera Senatore Taricco, grazie della partecipazione. Qual è il suo punto di vista sul recente scontro tra il ‘Movimento 5 Stelle’ e il ‘Partito Democratico’ e come si spiega questa presa di posizione del leader penta stellato Di Maio?
Ciò che sta accadendo in questo momento da parte dei due contraenti del Governo, tra di loro e con il Partito Democratico, e nello specifico del leader dei ‘5 Stelle’, non ha nulla a che vedere con questioni di merito, con programmi, progetti o problemi, ma è tutto un gioco tattico ad esclusivo uso del consenso di ogni singolo attimo. Altro che, come diceva De Gasperi “il politico pensa al presente, lo statista anche al domani e alle future generazioni”, qui con questo governo siamo alla politica del tweet e della pura tattica, legata al puro contingente, dove l’estensione massima della prospettiva, nella migliore delle ipotesi, arriva al 26 maggio. E credo che almeno in questo contesto il PD sia una alternativa secca a questo modo di concepire l’impegno nelle istituzioni. Anche perché, come si è visto in questi mesi, nei fatti concreti questi due partiti, e sul piano pratico oserei dire che i ‘5 Stelle’ non sono meglio della Lega, sono tutto ed il contrario di tutto, nella forma e nella sostanza, e credo che con questo modo di concepire l’impegno politico noi abbiamo davvero poco da spartire.
Taricco del ’Partito Democratico’ in vista delle elezioni europee
Il risultato delle recenti elezioni spagnole (dove i socialisti hanno trionfato) fanno ben sperare anche il PD in vista delle prossime Europee?
Io credo proprio di si.
Sono da sempre convinto che il consenso politico sia la risultante dell’incrocio tra tre grandi segnali:
- una questione di identità legata a principi, valori e programmi, che evoca e trasmette una idea ed un progetto di società, per l’oggi e per il domani,
- il profilo delle persone che lo interpretano e lo incarnano, più o meno coerentemente, e quindi più o meno efficacemente,
- una questione di empatia, che per me ha sempre avuto a che fare con il concetto, forse antico ma sempre attuale, del “bene comune”, cioè dell’essere, e del rendere evidente, che si è in politica per il bene delle persone, della comunità e che al di là dei risultati e del successo delle proposte, ogni persona deve sapere e sentire che si è dalla loro parte nell’affrontare i problemi e le complessità.
Credo che Pedro Sanchez abbia ben impersonato la consapevolezza che deriva da questi elementi e gli spagnoli si sono fidati di lui e del suo PSOE, dimostrando plasticamente, non solo che il consenso in questa stagione è molto fluido, ma anche che i partiti sovranisti, populisti e nazionalisti, sono tutt’altro che imbattibili, a condizione di non lasciare a loro soli un approccio falsamente e strumentalmente empatico, secondo i canoni di cui sopra.
Vale in questo come in altri casi il vecchio detto che in assenza degli autentici, e in alternativa al vuoto, trovano spazio e gradimento anche i surrogati, anche dopo che diventa chiaro che solo tali sono.
In questo senso, oltre che per una possibile inversione di tendenza, per affrontare la quale noi abbiamo tutte le possibilità, il risultato spagnolo è importante anche perché non solo ci dice che è percorribile, ma ci conferma anche nella bontà della strada.
Simone Ciloni