A diciannove anni dal “mea culpa” di Giovanni Paolo II che – in occasione della Giornata del perdono – chiese scusa per molti dei peccati commessi dai figli della Chiesa (chiedendo perdono in particolar modo per le guerre di religione, le persecuzioni contro gli ebrei, il sostegno al colonialismo, la discriminazione etnica e sessuale et cetera), Papa Francesco procede sulla scorta dell’operato di Woityla chiedendo scusa alla comunità Rom.
E se nel 2000 Giovani Paolo II chiese scusa nella cornice del Giubileo capitolino, nel 2019 Francesco ha chiesto scusa a domicilio, incontrando a Blaj, in Transilvania, nel quartiere Barbu Lutaru, la comunità Rom locale.
Queste le parole del Pontefice: “Nel cuore porto un peso. È il peso delle discriminazioni, delle segregazioni e dei maltrattamenti subiti dalle vostre comunità. La storia ci dice che anche i cristiani, anche i cattolici non sono estranei a tanto male. Vorrei chiedere perdono per questo. Chiedo perdono – in nome della Chiesa al Signore e a voi – per quando, nel corso della storia, vi abbiamo discriminato, maltrattato o guardato in maniera sbagliata, con lo sguardo di Caino invece che con quello di Abele, e non siamo stati capaci di riconoscervi, apprezzarvi e difendervi nella vostra peculiarità”.
Il Papa ha quindi proseguito: “Nella Chiesa di Cristo c’è posto per tutti”. E non si deve trattare solo di belle parole: “abbiamo bisogno di ricordarlo non come un bello slogan ma come parte della carta d’identità del nostro essere cristiani”.
Parole molto significative, quelle del Papa, specie in questi tempi bui di discriminazioni trasversali: “Quante volte giudichiamo in modo avventato, con parole che feriscono, con atteggiamenti che seminano odio e creano distanze! Quando qualcuno viene lasciato indietro, la famiglia umana non cammina. Non siamo fino in fondo cristiani, e nemmeno umani, se non sappiamo vedere la persona prima delle sue azioni, prima dei nostri giudizi e pregiudizi”.