
I familiari delle vittime sono rimasti sconcertati dal comportamento tenuto dagli avvocati degli imputati a processo per il crollo del Ponte Morandi.
Nell’agosto del 2018 le famiglie delle vittime del crollo del Ponte Morandi, si sono trovate immerse in un incubo. Nessuno infatti si capacitava del fatto che una struttura che vedeva ogni giorno il passaggio di migliaia di mezzi avesse ceduto causando la morte di 43 persone. In seguito alle procedure di soccorso dei sopravvissuti e recupero dei corpi, sono iniziate le indagini finalizzate a scoprire i colpevoli di questa ecatombe ed al contempo è cominciato un processo mediatico in cui amministratori, aziende private, membri di governo e politici locali hanno fatto lo scarica barile.
Dieci mesi dopo il processo sul crollo del Ponte Morandi è ancora nelle sue fasi iniziali (lunedì c’è stata la seconda udienza degli incidenti probatori), la maggioranza delle parti civili hanno concluso accordi per un risarcimento da Autostrade per l’Italia e sono uscite dal processo, mentre continua ad aumentare il numero degli indagati. In questa situazione che causa incertezza e frustrazione, i parenti delle vittime sono stati costretti ad assistere ad una controversia i cui toni sono sembrati irrispettosi nei confronti delle 43 persone che hanno perso la vita.
Ponte Morandi, la rabbia dei parenti: “Gli avvocati sembravano al bar”
I presenti hanno raccontato di un atmosfera surreale, in cui gli avvocati della difesa citavano leggi e precedenti giuridici con un fare ironico. Gli animi si sono persino accesi quando questi hanno fatto presente che i video del crollo non sono mai stati condivisi dai pm ed è stato provocatoriamente lanciato un parallelismo con la giustizia nazionalsocialista. In quel momento lo stesso giudice è stato costretto a richiamare all’ordine le due parti, ricordando loro che si dibatteva sulle cause della morte di 43 persone.
Tutta questa situazione ha lasciato di stucco i familiari delle vittime, increduli nel vedere con quanta leggerezza e disinteresse si affrontasse il processo. Uno di loro, Emmanuel Diaz, ha detto a ‘La Repubblica‘: “Lunedì a un certo punto sembrava che gli avvocati fossero al bar. Ridevano, scherzavano, pareva che prendessero in giro il pubblico ministero. E intanto dicevano che non riuscivano a far valere i loro diritti. Io so solo che in obitorio non sono riuscito a riconoscere il corpo di mio fratello, perché era dilaniato. Ma a loro questo sembra proprio non interessare”.