In seguito alle dure critiche ricevute in questi giorni, Luca Lotti ha deciso di dimettersi. Il politico ha deciso di attendere l’epilogo giudiziario dello scandalo procure, prima di tornare a ricoprire un incarico.
La decisione di Nicola Zingaretti di non chiedere apertamente le dimissioni di Luca Lotti dopo l’esplosione dello scandalo procure, aveva generato critiche sia all’interno che all’esterno del PD. Lo stesso Lotti era stato criticato per non aver fatto un passo indietro, scelta invece compiuta dalla Marini per lo scandalo concorsi.
Oggi Lotti ci ha ripensato ed ha deciso di comunicare le proprie dimissioni al segretario del PD con una lettera il cui contenuto è apertamente fruibile su Facebook. Il politico ci tiene a precisare che a convincerlo non sono state le parole spese su di lui dagli altri politici, ma il desiderio di non essere un ostacolo per il lavoro che il partito è chiamato a svolgere nei prossimi tempi.
La lettera di Luca Lotti a Zingaretti
La lettera di dimissioni si apre con una frecciata a chi gliele ha richieste: “Caro Segretario, apprendo oggi dai quotidiani che la mia vicenda imbarazzerebbe i vertici del PD. Il responsabile legale del partito mi chiede esplicitamente di andarmene per aver incontrato alcuni magistrati e fa quasi sorridere che tale richiesta arrivi da un senatore di lungo corso già coinvolto – a cominciare da una celebre seduta spiritica – in pagine buie della storia istituzionale del nostro Paese”.
Nella parte successiva sottolinea come il suo comportamento sia stato trasparente e come lo stesso Zingaretti sappia tutto quello che c’è da sapere. La decisione non è dunque un’ammissione di colpe, ma un gesto dovuto ai colleghi di partito: “I fatti sono chiari. Tu li conosci meglio di altri anche perché te ne ho parlato in modo franco nei nostri numerosi incontri. Ma io, caro segretario, non partecipo al festival dell’ipocrisia. Sono nato e cresciuto come uomo di squadra. E non so immaginarmi in altro ruolo. Per questo l’interesse della mia comunità, il Pd, viene prima della mia legittima amarezza”.