Nuovo tassello nella diatriba tra la Iaaf (Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica Leggera) e la due volte campionessa olimpica degli 800 metri piani (nel 2012 a Londra e nel 2016 in Brasile) Caster Semenya.
Dopo che il Tribunale di Arbitrato dello Sport di Losanna ha dato ragione alla Iaaf, l’atleta sudafricana aveva accusato la federazione di atletica di averla usata “come cavia da laboratorio nella faccenda riguardante il nuovo regolamento sugli atleti iperandrogenici”.
La Semenya aveva aggiunto: “Non permetterò più che usino il mio corpo”, dopo essere stata costretta a sottoporsi a test del sesso e a cure ormonali per poter gareggiare. Secondo le regole, infatti, lei – come le altre atlete che soffrono di iperandrogenismo (ovvero una eccessiva produzione di ormoni maschili) – devono sottoporsi a una terapia ormonale per ridurre i propri livelli di testosterone.
La Iaaf ha quindi ribadito quest’oggi: “È biologicamente un maschio”, pubblicando un documento di 163 pagine del Tas la cui tesi è che Semenya è una di quelle atlete “biologicamente uomini ma con tratti d’identità di genere femminile”.