L’ex giudice Francesco Bellomo è finito ai domiciliari a Bari per maltrattamenti, calunnia ed estorsione. Oltre ai maltrattamenti, l’uomo imponeva una sorta di dress code alle studentesse a seconda degli eventi. Bellomo è indagato, inoltre, per i reati di calunnia e minaccia ai danni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari è stata notificata al barese Francesco Bellomo, ex giudice del Consiglio di Stato e docente dei corsi post-universitari per la preparazione al concorso in magistratura. Bellomo è stato accusato di aver maltrattato quattro studentesse dei suoi corsi, alle quali aveva imposto anche una sorta di codice d’abbigliamento in base agli eventi burocratici o mondani. Queste accuse risalgono agli anni 2011-2018.
Oltre al dress code, alle ragazze veniva imposto anche il divieto di nozze e l’obbligo di fedeltà, con la sottoscrizione di un contratto da rispettare.
Bellomo è indagato, inoltre, per i reati di calunnia e minaccia verso l’attuale presidente del Consiglio, Giuseppe Conte
Oltre alle accuse di maltrattamento alle borsiste dei suoi corsi, Francesco Bellomo è accusato anche di calunnia e di minaccia verso l’attuale presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Tali accuse risalgono al 2017, quando Conte era vicepresidente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa e presidente della commissione disciplinare chiamata a pronunciarsi sul caso Bellomo.
Francesco Bellomo è accusato, infine, di estorsione ai danni di un’altra ragazza frequentante i suoi corsi, costretta a rinunciare al proprio lavoro da presentatrice in una emittente televisiva, dal momento che quest’attività era ritenuta dall’uomo incompatibile con l’immagine di aspirante magistrato.
AGGIORNAMENTO 15:30: il giornale fondato da Mentana Open ha pubblicato alcuni messaggi mandati da Bellomo alle proprie studentesse.
Ne emerge un Bellomo quantomeno possessivo e manipolatore, pronto ad elevarsi a giudice delle condotte delle ragazze prese sotto la propria ala.
“Guarda che non sono irritato. Spiegavo che 6m per il messaggio erano troppi“, scriveva a una ricercatrice accusata di rispondere non prontamente.
Quindi, ancora, ad una giovane accusata di aver fatto la ceretta in un momento poco opportuno:
“Oggettivamente non ha senso fare la ceretta dieci giorni prima di quando serve, vieppiù considerando che io ti vedo una volta al mese e a Milano starai sempre con vestiti corti e senza calze. Sostieni che si tratta di una scelta dettata dalla comodità. Ma il vantaggio è insignificante (30’ di traffico, che da un anno affronti ogni giorno), mentre lo svantaggio è netto (dopo 10 giorni le gambe sono meno lisce e senza calze o nell’intimità si nota). Inoltre c’è da considerare il profilo ideale. Cosa metti al primo posto nelle scelte? Me è l’immagine pubblica o una tua comodità? Ovvio che pensi a un’altra spiegazione. Ma se così non fosse (come spero), è comunque una scelta spiacevole. Come tu faccia a non capirlo è un mistero”.
O ancora, ad una borsista con cui la relazione sembrava giunta al capolinea: “Non voglio rovinare anni di lavoro senza darti una chance. Venerdì sera, quando entro in stanza, ti metti in ginocchio e mi dici “ti chiedo perdono, non lo farò mai più”. Non ha il significato della sottomissione, ma della solennità”.
Su Open, il campionario prosegue.