C’era una volta lo streaming.
Ce lo ha ricordato Marco Imarisio sul Corriere della Sera tre anni fa:
“Era il 27 marzo 2013, un mese dopo le elezioni politiche, e nel tentativo di trasformare una non vittoria in un pareggio il povero ex segretario del Partito democratico (Bersani, ndr), accompagnato da un Enrico Letta basito, accettò le condizioni imposte da nuovo che avanzava. Voleva solo chiedere l’astensione dei Cinque stelle a un eventuale suo governo di minoranza, ma prima di arrivarci si dovette sorbire una lezione di politica e di morale, con qualche ditino alzato, da parte dei neoeletti Roberta Lombardi e Vito Crimi. E comunque gli dissero che non se ne faceva nulla”.
Di seguito il video dell’incontro in questione, per chi ha nostalgia di quei tempi:
Il Movimento 5 Stelle voleva scardinare il sistema e pensava di farlo mostrando quello che accadeva nelle stanze dei bottoni, ma dopo – pochi – altri casi lo streaming passò di moda e le riunioni dell’intellighenzia tornarono ad essere segrete.
Passano cinque anni, viviamo tre governi made in PD – quello Letta (che poco aveva da star sereno), quello Renzi (un altro che voleva rivoluzionare, rottamare, ma alla fine è riuscito solo a rendersi inviso a buona parte della popolazione) e quello Gentiloni – ed arriva il momento del Movimento 5 Stelle di governare.
Non riuscendo a farlo da solo (il Movimento è il primo partito ma non ha abbastanza seggi per avere la maggioranza), decide di allearsi con la Lega di Matteo Salvini.
Nell’arco di quindici mesi, la Lega prende il sopravvento – anche in termini di consensi – ed un giorno d’agosto Salvini decide di paventare la sfiducia al premier Conte (sfiducia che poi non arriverà).
Conte comunque decide di dimettersi, facendo così partire una crisi che – giungendo ad oggi – vede il Movimento 5 Stelle tornare a trattare con il Partito Democratico.
Una trattativa in cui le voci vanno rincorrendosi (il governo giallo rosso si fa? Non si fa? Le ipotesi cambiano, come Pargone le opinioni) e in cui non si sono fatti i conti con la volontà della base pentastellata che – nei momenti cruciati – è sempre stata consultata tramite la piattaforma Rousseau
L’esito di un’eventuale consultazione sulla piattaforma per la democrazia diretta – grazie alla quale l’Associazione Rousseau presieduta da Casaleggio ha ottenuto nel 2018 oltre un milione di euro – è tutt’altro che scontato, anche perché basta dare un occhio in giro ai banali sondaggi sui social (ok, può votare chiunque; ok, il web è pieno di troll; ok, i sondaggi sui social non hanno valore scientifico. Ma un minimo vorranno pur significare?) per capire che i più vorrebbero nuove elezioni (anche in una fanpage sicuramente non filo governativa come ‘Abolizione del Suffragio Universale’, quasi la metà vorrebbe tornare alle urne).
Cosa farà stavolta il Movimento 5 Stelle? Consulterà la base o rinnegherà – dopo lo streaming – un altro proprio caposaldo (la democrazia diretta)?
Ci ritroveremo a scrivere, la prossima volta (ammesso che una prossima volta ci sarà): “C’era una volta Rousseau?”