“The Shoah Party”: l’inchiesta sul gruppo WhatsApp composto da ragazzini tra i 13 e i 19 anni
Video e foto di stupri, omicidi, decapitazioni, infanticidi commentati con leggerezza; frasi inneggianti all’odio raziale contro ebrei, migranti e disabili, e il video di un suicidio commentato con “Uno in meno” da un ragazzino frequentante la chat.
A far partire l’inchiesta la segnalazione presso i Carabinieri da parte di una madre di Siena che per prima ha scoperto sul telefono del figlio questa galleria degli orrori, che ha portato all’indagine la cui prima parte si è conclusa ieri e che ha visto effettuare 25 perquisizioni tra Piemonte, Toscana, Lazio, Campania e Calabria.
Commenta così il padre di un quattordicenne considerato uno degli amministratori del gruppo: “Sono solo l’intestatario del telefono che avevo dato a mio figlio: la regola era che mamma e papà potessero entrare a controllare. E così io avevo fatto più volte, ma non mi ero accorto di nulla. Solo che aveva sempre il telefono in mano, era sempre acceso”.
Ma silenziando il gruppo e inserendo la funzione per cui le immagini visualizzate non rimangono nella memoria del telefono, l’adolescente aveva eluso i controlli del genitore.
La galleria degli orrori ritenuta “soltanto un gioco”
L’uomo di 44 anni, ora coinvolto nell’indagine e assistito dall’avvocato Mauro Carena, afferma di credere al figlio quando afferma di non essersi reso conto della gravità della situazione.
“Gli ho detto “ma tu hai visto immagini terribili: non ti è venuto in mente di venire da mamma e papà a dircelo?”. D’altra parte però per lui vedere una bambina nuda non era qualcosa di sconvolgente, non l’ha collegata a una cosa gravissima, è poco più che un bambino anche lui: era come vedere una bimba in spiaggia senza costume. Solo ora inizia a rendersi conto della gravità.” ed aggiunge “Ha interpretato questa cosa come un gioco. Quelle immagini per lui non avevano il peso giusto. Questo ho percepito parlando due giorni con lui: l’aveva presa con estrema leggerezza. C’erano battute di destra e di sinistra. Era una presa in giro su mondi anche opposti. Situazioni non giuste, ma erano prese in giro”
Nel Torinese sono sette le famiglie coinvolte e che dovranno affrontare, oltre all’indagine, anche l’aspetto psicologico e sociale della vicenda che li ha sorpresi e ha mostrato loro un lato ignorato dei propri figli, un lato oscuro che non potevano immaginare eppure interessava i loro ragazzi da mesi.
Sara Alonzi