Green Day, il nuovo album divide i fan: svolta definitiva o “trollaggio”?

green day father of all motherfuckersQuando i fan dei Green Day hanno ascoltato “Father of All…”, ovvero il primo singolo del nuovo album della band californiana in uscita il 7 febbraio 2020, hanno probabilmente pensato ad uno scherzo.

Un pezzo davvero poco “Green Day”, lontanissimo dalle sonorità tipiche del gruppo, con la voce di Billie Joe in falsetto, quasi irriconoscibile. Per capirci, se una qualsiasi persona l’avesse ascoltata per caso in un pub o alla radio non avrebbe mai pensato ad Armstrong e soci: la canzone, infatti, sembra fatta dai Black Keys. Che non è affatto un’offesa, ci mancherebbe, ma semplicemente i Green Day sono appunto un’altra cosa.

Parliamoci chiaro: i Green Day hanno probabilmente esaurito quella spinta propulsiva che ha permesso loro di realizzare due album (su un totale di 11 in studio) che rimarranno per sempre nel “gotha” della musica rock, sebbene per motivi diversi.

dookie american idiot green day

Nel 1994 Billie Joe Armstrong, Mike Dirnt e Trè Cool hanno fatto entrare il pop-punk nelle case di tutti con Dookie, parlando apertamente di masturbazione, attacchi di panico e paranoie giovanili; dieci anni dopo, con American Idiot, il trio ha esploso tutta la propria rabbia nei confronti dell’amministrazione repubblicana, guerrafondaia, iniqua, intollerante. Due picchi altissimi, a distanza di un decennio l’uno dall’altro.

Dal 2004 in poi i Green Day hanno fatto ancora buona musica. Sia 21st Century Breakdown (2009) che Revolution Radio (2016) sono tutto sommato degli album discreti, con un’impronta assolutamente riconoscibile, mentre ha ricevuto molte critiche la cosiddetta “Trilogia” (Uno, Dos, Trè), rilasciata nel 2012 e caratterizzata anche da un periodo buio per Billie Joe Armstrong, costretto al “rehab” dal suo manager dopo aver dato spettacolo all’iHeart Radio (“Mi date solo un minuto? Ecco cosa ci faccio”, chitarra spaccata in diretta e tanti saluti).

green day iheart radio billie joe

Lo stesso frontman dei GD ha ammesso in una recente intervista di essere ricaduto nel tunnel della droga proprio in quel periodo, e di non ricordare praticamente nulla della Trilogia.

Anche il secondo singolo ha “spiazzato” i fan 

Ma tornando a “Father of All…”, il punto non è stabilire se sia un brutto pezzo, se può andare o se invece “spacca”. Il punto di “Father of All…” è che siamo di fronte ad un sound dove si fa un’enorme fatica a trovarci qualcosa di “Green Day”. Quindi le band devono fare per anni e anni la stessa musica? Non è forse il sapersi adattare ai tempi la forza dei grandissimi gruppi internazionali, e quindi anche dei Green Day?

Certamente, nessun dubbio. Ma un conto è variare, sperimentare, tentare delle strade mantenendo comunque una propria identità, un altro è andare a fare una roba che non ti ha mai rappresentato e difficilmente mai ti rappresenterà.

green day fire ready aim

Un’impressione che è apparsa ancora più evidente con il secondo singolo, “Fire Ready Aim, rilasciato il 9 ottobre come nuovo “inno” dell’NHL. A parte il testo estremamente banale – e non è un vanto per chi viene dal punk-rock – chi ascolta il secondo brano di “Father of All Motherfuckers” pensa subito ad una cover dei “The Hives”, oltretutto malriuscita. Anche qui il vecchio fan dei Green Day resta interdetto e pensa: “Ma che stanno facendo? Ma tutto l’album sarà così?”. Sì, tutto l’album sarà così, e ora vi spieghiamo anche il perché.

Copertina pessima e durata molto breve: è un “trollaggio”? 

Finora, oltre ai due singoli e a qualche altro titolo trapelato online, di “Father of All Motherfuckers” conosciamo la copertina e la durata, che sarà all’incirca di 26 minuti. Soffermiamoci prima sull’artwork, che è stata la cosa che più ha fatto rabbrividire i fan (e anche i non fan).

Si tratta probabilmente della peggior copertina della storia dei Green Day, forse anche una delle peggiori della storia della musica, realizzabile in pochi minuti con Paint o con programmi simili.

green day father of all motherfuckers

Sullo sfondo si vede chiaramente la mano che brandisce il cuore a granata, ovvero la copertina di American Idiot praticamente riciclata: sul davanti, in bella mostra, ecco campeggiare un unicorno apparentemente fatto di LSD, che “espelle” arcobaleni dal naso.

Una copertina talmente pessima da far pensare ad uno scherzo (di nuovo…). Invece no, è tutto vero. Ma come è possibile che i Green Day, che non sono esattamente la band che suona alla sagra sotto casa, abbiano avallato un lavoro grafico di livello “zero”?

La risposta sta nell’altro particolare a cui facevamo riferimento poco sopra, ovvero la durata dell’album: è stato lo stesso Billie Joe, nel corso di un’intervista radiofonica, a rivelare che il disco è caratterizzato da 10 canzoni e che la durata complessiva è di 26 minuti, quasi come a volersi “togliere il dente”. D’altronde, basta fare una piccola ricerca per accertarsi che una delle caratteristiche che stabilisce il confine tra EP e album è la durata di 25 minuti.

“Usciamo dal contratto con la Warner, faremo come ci pare”

A tutto questo si aggiunge quanto affermato da Billie Joe nella stessa intervista: “Con questo album usciamo dal contratto con la Warner, quindi saremo liberi di fare quello che ci pare. Non è da escludere che pubblicheremo un altro album l’anno prossimo”. Dai sospetti alle prove: i Green Day hanno dato al mercato un album con l’unico scopo di liberarsi della Warner, di fatto “trollando” non i fan, ma l’etichetta stessa.

“Dobbiamo per forza fare un altro disco per uscire dal contratto? Allora facciamo come ci pare”, ed ecco la copertina che sembra un disegno di un bambino dell’asilo con tanto di riciclo di “American Idiot”, la durata del disco che supera di un solo minuto la soglia minima per essere considerato tecnicamente un album a tutti gli effetti, i singoli che tutto sono fuorchè “Green Day”. Provocazioni davvero palesi, e non è certo un caso se nei forum dedicati alla band (e anche su Reddit) si stia discutendo molto su questo “trollaggio”.

green day logo revolution radio father of all

E c’è anche dell’altro, come ad esempio il fatto che il logo della band è rimasto identico a quello del precedente album, Revolution Radio: la band, in ogni suo nuovo disco, ha sempre cambiato lo stile del logo.

Green Day in tour nel 2020 con Fall Out Boy e Weezer 

Inoltre, i Green Day hanno già lanciato un tour (che toccherà anche l’Italia, ndr) insieme a Weezer e Fall Out Boy, l’Hella Mega Tour, presentato quasi come fosse il nuovo set di pentole da proporre alla clientela.

green day fall out boy weezer hella mega tour

A precisa domanda sul perchè questa scelta di preconfezionare un tour assieme ad altre due band di grosso calibro, Billie Joe ha risposto senza girarci intorno: “Sono bravi ragazzi, e poi condividiamo il management”. Più chiaro di così.

Ma tutto questo significa che già nel 2020 riavremo i veri Green Day, magari con un’etichetta come la Epitaph? Meglio non lasciarsi andare a facili entusiasmi. La premessa fatta in questo articolo resta sempre valida: alle soglie dei 50 anni è difficile che la band realizzi delle nuove “Welcome to Paradise”, “Stuck with me”, “Jaded”, “Saint Jimmy”. Ma d’altronde nessuno lo pretende.

Quello che sperano i fan, compreso chi scrive, è di tornare a sentire una nuova canzone alla radio, al pub, al supermercato, abbozzare lo stesso sorrisino di sempre, sgranare gli occhi e pensare: “Sì, sono i Green Day”.

Chiediamo troppo?