Abbiamo scritto già in passato delle importanti differenze salariali tra calciatori e calciatrici, ma fin qui poco s’è mosso per cambiare lo status quo.
Il presidente della Fifa Gianni Infantino ha parlato un mese fa circa di investimenti per un miliardo di euro nei prossimi quattro anni per promuovere il movimento del calcio femminile (sottolineando inoltre: “Questo è calcio vero. Dobbiamo smettere di paragonare il calcio femminile a quello maschile, considerando magari il primo una copia sbiadita del secondo”).
Non volendo attendere quattro anni, in Spagna le calciatrici hanno deciso di chiedere per tutte loro tre diritti specifici: 1000 euro al mese netti di minimo salariale, maternità e ferie.
E per ottenere questi tre diritti (parliamo di diritti base e di 1000 euro al mese, non certo di cifre milionarie), le calciatrici della Liga hanno deciso che non sarebbero scese nuovamente in campo finché non sarebbero state accolte le loro richieste – dopo oltre tredici mesi di contrattazioni che a nulla hanno portato.
“Cancelliamo tutte le partite in programma del 16-17 novembre, dopo aver tentato tutte le altre vie di negoziazione”: aveva annunciato il sindacato delle calciatrici – evidenziando come il loro non sia un hobby ma una vera e propria profesione che le impegna per il 100% della giornata lavorativa, tra allenamenti, partite e trasferte, impedendo loro di applicarsi in un eventuale altro impiego.
E così è stato: il 16 e il 17 novembre nessuna squadra della Liga femminile s’è presentata per disputare le gare in programma e, dinnanzi alla prospettiva di uno sciopero ad oltranza, le parti hanno dovuto ascoltare le rivendicazioni del movimento.
Quindi, dopo una riunione avvenuta l’altroieri, è stato stabilito che il prossimo 20 dicembre avverrà l’incontro decisivo per firmare il primo contratto collettivo del calcio femminile spagnolo: una piccola ma importante vittoria, dinnanzi al colpevole silenzio dei colleghi uomini (con poche eccezioni, come quelle di Antoine Griezmann e Andres Iniesta).