
Tre attivisti della Ong “No Name Kitchen” sono stati trattenuti dalla Polizia serba e accusati di diversi reati. Tra loro c’è anche un italiano
Forze dell’Ordine contro i migranti. Succede in Serbia: tre attivisti della Ong “No Name Kitchen”, dopo aver subito un’aggressione da parte di un gruppo di nazionalisti, sono stati trattenuti e accusati dalla Polizia. Le accuse a loro carico sarebbero di disturbo della quiete pubblica, e a questo addebito si è aggiunta una contestazione relativa ai documenti dei tre (che non sarebbero in regola).
Tra loro figura anche l’italiano Adalberto Parenti. Questi fatti risalgono allo scorso 1 febbraio 2020, anche se Il Manifesto ha raccontato questa storia circa una settimana dopo.
Polizia serba ferma i volontari di una Ong, i nazionalisti celtici aggrediscono i migranti in Serbia
Tre attivisti della Ong “No Name Kitchen” sono stati fermati dalla Polizia serba lo scorso 1 febbraio 2020. È successo in una zona del Paese che si trova a ridosso del confine con la Croazia. I problemi sono iniziati una settimana prima rispetto all’intervento della Polizia. I tre stavano operando in aiuto dei migranti quando sono stati aggrediti da persone abbigliate con abiti militari sbucate all’improvviso, dal bosco. Queste persone, che si scopre essere nazionalisti cetnici (il termine “cetnico” si riferisce ai guerriglieri delle bande armate nate nei Balcani in senso anti-turco), sono tornare per portare a compiere azioni di violenza contro i migranti.
La “No Name Kitchen” si occupa di migranti e dal 2017 opera sulla rotta balcanica. L’incidente che ha portato al fermo dei tre volontari si è verificato a Šid (sud-ovest della Serbia), mentre stavano portando rifornimenti ai migranti che si trovano accampati fuori dai campo di accoglienza ufficiali e che sono ricoverati in alcune tende sistemate nei pressi di una fabbrica abbandonata.
Adalberto Parenti, l’italiano fermato insieme ad altri due colleghi, ha rilasciato la sua testimonianza su quanto accaduto. Cerchiamo, dunque, di ripercorrere le tappe di questa aggressione
Polizia serba ferma i volontari di una Ong, la prima aggressione raccontata dall’italiano Adalberto Parenti
“Il sabato precedente (si riferisce al sabato precedente rispetto al fermo avvenuto l’1 febbraio) erano già arrivate queste persone vestite militarmente, ufficialmente per fare pulizia nella boscaglia. Avevano dato fuoco alle pile di vestiti che trovavano e quando abbiamo cercato di salvare il possibile, alcune attiviste sono state spinte».
Inizia così il racconto di Parenti: un racconto intriso della violenza compiuta da guerriglieri nazionalisti contro il loro operato e contro quei migranti accampati nei pressi della fabbrica abbandonata di Grafosrem. Edificio, questo della fabbrica, che i nazionalisti hanno reclamato con i gesti, issandovi in cima una bandiera cetnica e una serba.
La Polizia serba era stata allertata di questa prima aggressione, avvenuta il 25 gennaio, nelle 24 ore immediatamente successive: gli agenti avevano rassicurato i volontari sul loro supporto, invitandoli a denunciare altri eventuali episodi simili.
Polizia serba ferma i volontari di una Ong, la seconda aggressione e il foglio di via
Cos’è successo, dunque? È accaduto che a quella prima aggressione ne è seguita un’altra e stavolta i guerriglieri hanno dato fuoco a una tenda in cui si trovava un’attivista, rimasta illesa per miracolo. Gli aggressori hanno anche colpito- per mezzo di un manganello e di un petardo– un’altra attivista che stava documentando tutto con il suo telefonino (andato distrutto).
La polizia è sì intervenuta ma in caserma sono finiti i tre attivisti, rilasciati nella notte. Marina Bottke (l’attivista che ha rischiato di morire bruciata viva nella tenda) è stata assolta dalle accuse. Adalberto Parenti e la collega Leonie Sofia Neumann sono stati condannati al pagamento di una multa che ammonta a quasi 200 euro. Tutti e tre dovranno lasciare il Paese.
Gli agenti hanno creduto ai nazionalisti che hanno ascoltato e hanno emanato un foglio di via che gli attivisti stanno ora cercando di fare annullare tramite l’intervento dei loro legali. La decisione presa dalla Polizia sarebbe politica e il foglio di via è stato stilato sulla base di menzogne. Infatti Parenti ha sottolineato che loro non sono stati i primi attivisti della “No Name Kitchen” ad avere avuto problemi:
“Chiunque aiuti i migranti qui prima o poi è ostacolato, per usare un eufemismo”.
Maria Mento