Ha lottato contro l’anoressia per sei lunghi anni finchè non è morto. I genitori di Lorenzo raccontano il lungo calvario vissuto e lanciano un appello alle istituzioni
Conviveva con la malattia fin da quando aveva 14 anni ma alla madre, nonostante le sue condizioni fossero molto gravi, diceva di rimanere tranquilla e non preoccuparsi. È morto di anoressia Lorenzo Seminatore, scomparso a 20 anni dopo un lungo calvario, come denunciato dai suoi genitori Francesca e Fabio che pochi giorni fa hanno dovuto dargli l’addio. E che oggi chiedano che in Italia si faccia di più per avere un maggior numero di strutture che possano aiutare i ragazzi che soffrono di anoressia perchè, come raccontato al Corriere della Sera, “Noi abbiamo fatto di tutto per aiutarlo, ma non è stato abbastanza”. Oggi i genitori di Lorenzo, che alla mamma diceva, “tranquilla, sono magro ma sono in forze”, si preoccupano per chi sta vivendo il loro stesso calvario: “Sappiamo – hanno spiegato – quanto ci si senta soli. Vogliamo scuotere la coscienza delle istituzioni, perché è inaccettabile che in un Paese come l’Italia non ci siano strutture pubbliche in grado di accogliere e curare ragazzi come nostro figlio. Negli ospedali si limitano a parcheggiarti in un reparto e a somministrare flebo per integrare il potassio. Poi ti rimandano a casa, fino al prossimo ricovero”.
La storia di Lorenzo: “Ha iniziato a soffrire di anoressia a 14 anni”
La mamma ha spiegato che Lorenzo ha iniziato a soffrire di anoressia quando iniziò a frequentare il liceo scientifico e che tutti i controlli specialistici non portarono ad alcun risultato positivo. “Eravamo spaventati. A 16 anni abbiamo deciso di ricoverarlo privatamente in un centro terapeutico a Brusson, in Val d’Aosta. Lì sembrava essere rinato. Il preside dell’istituto Majorana di Moncalieri, Gianni Oliva, e gli insegnanti ci sono stati di grande aiuto. Quando è uscito dalla clinica, era di nuovo il nostro Lorenzo: ingrassato di venti chili, felice. Ha ripreso a uscire con gli amici”.
Ma le dure prove della vita, dagli esami di maturità alle difficoltà sulla strada universitaria da seguire, hanno reso il percorso di guarigione meno facile e dopo i 18 anni c’è stato il crollo: “A quel punto Lorenzo poteva decidere per sé e noi siamo diventati impotenti. Non sapevamo più cosa fare. Si mostrava collaborativo con i medici, ma continuava a non curarsi. Quando veniva ricoverato, firmava per essere dimesso: era maggiorenne e libero di decidere”. Il padre del 20enne ha spiegato che “la depressione giovanile è in aumento, come l’anoressia tra i ragazzi. E in Italia non ci sono strutture pubbliche adeguate. Quando è stato ricoverato in ospedale, lo scorso maggio, Lorenzo passava le sue giornate a fissare il muro. Questi ragazzi devono essere curati e non tutti possono permettersi centri privati. Le istituzioni devono muoversi: prima con la prevenzione nelle scuole e poi investendo nella sanità. Mancano anche i percorsi di sostegno alle famiglie”. Francesca, che ha raccontato di aver visto il figlio “morire lentamente” desidera che altre madri non debbano vivere questa dolore ed è pronta ad impegnarsi in un progeto “che coinvolga privati e istituzioni e che sia di sostegno a questi ragazzi”.