Oggi in aula giunge il decreto legge sulle intercettazioni dopo l’ennesima modifica: prevede intercettazioni in casa e utilizzo di trojan di stato.
Sono passati più di due anni da quando l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando ha depositato il decreto legge sulle intercettazioni. In questo lasso di tempo si è discusso molto sull’applicabilità delle modifiche contenute in esso, poiché alcune di queste entravano in conflitto sia con le libertà personali che la tutela dei diritti concessi dalla Costituzione. Dopo diverse proroghe concesse ai legislatori per smussare le ambiguità giuridiche, oggi il decreto legge torna in Aula per la votazione che ne potrebbe consentire la definitiva entrata in vigore.
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A spingere per la votazione odierna, nel silenzio generale sulla questione, è stato l’attuale guardasigilli Bonafede. Il ministro ne ha chiesto l’attuazione a partire dal 1 maggio 2020 e l’applicabilità ai soli procedimenti che iniziano a partire da quella data. Dunque la legge, qualora approvata, non avrebbe effetto reatroattivo. La nuova formulazione sembrerebbe, però, ancora più invasiva di quella originariamente immaginata da Orlando, vediamo per quale motivo.
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Riforma intercettazioni: quali sono le novità e in cosa consiste
La riforma sulle intercettazioni ideata da Orlando prevedeva l’utilizzo di Trojan, ovvero dei virus autoistallanti, nelle indagini per mafia o terrorismo. Inoltre prevedeva che le intercettazioni così ottenute o tramite l’ascolto delle comunicazioni rimanessero in mano all’autorità investigativa e potessero essere usate solo nell’ambito del procedimento per le quali erano state estrapolate.
La nuova versione del decreto legge presenta delle importanti novità. In primo luogo per l’utilizzo dei Trojan, i virus adesso possono essere usati non solo nei luoghi di lavoro, e delle intercettazioni audio anche nelle abitazioni degli indagati. Nella versione originale l’utilizzo nelle dimore era previsto solo nel caso in cui il reato fosse avvenuto in casa. Inoltre il loro utilizzo non sarebbe limitato ai due casi illustrati sopra, ma a tutti quei reati gravi che prevedono una pena detentiva non inferiore a 5 anni e prevedano l’arresto per flagranza di reato.
Un’altra novità riguarda la possibilità dell’utilizzo delle intercettazioni per l’apertura di nuovi casi. Se prima, infatti, queste potevano essere utilizzate solo nell’ambito del procedimento in corso, adesso, qualora palesino nuovi reati, potrebbero essere utilizzate per l’apertura di nuovi casi.
Davide Colono