Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università degli Studi di Milano che da anni monitora l’andamento della stagione influenzale nel nostro Paese, ha parlato all’AdnKronos delle tempistiche dell’uscita dell’Italia dall’emergenza coronavirus.
E sono previsioni – per quanto (anche a suo dire) da prendere con il beneficio del dubbio – tutto sommato confortanti.
Confortanti anche se peggiori rispetto a quelle tratteggiate da uno studio della Ragioneria generale dello Stato (che fisserebbe già per fine aprile l’uscita da questa situazione d’emergenza).
“E’ difficile fare previsioni, ma le proiezioni e gli scenari sono importanti per pianificare al meglio gli interventi. Ebbene, sulla base dell’andamento del coronavirus in Cina e dei dati italiani, possiamo stimare uno scenario con picco a fine marzo e la fine del problema in Italia tra maggio e giugno“.
Il Dott. Pregliasco ha quindi proseguito, parlando anche della situazione in relazione alle nazioni a noi vicne: “Nel caso di Covid-19 si tratta di un virus nuovo, ma l’esperienza cinese e quello che sta accadendo nelle ex zone rosse può dirci molto. Tra gli elementi che possono influire su questo scenario c’è l’icognita rappresentata dal resto d’Europa e dalla Gran Bretagna. Stiamo vedendo mancanza di coordinamento e azioni disomogenee, che possono rovinare quello che si sta facendo in Italia”.
Sarebbe necessaria un’azione concertata, a detta del virologo: “E’ necessaria una stretta complessiva. Ma mi rendo conto che è difficile valutare il problema quando sembra ancora lontano, anche fisicamente. Un po’ come è accaduto al Centro-Sud quando c’era la zona rossa: non pensi che il problema sia tuo”.
Ed è quindi inquietante – a suo dire – vedere gli altri paesi non agire in maniera netta per arginare la pandemia: “Le immagini di stadi pieni o la mancanza di interventi dimostrano che non si è imparato nulla dall’esperienza cinese e italiana, e suscitano preoccupazioni per l’effetto che potranno avere anche, di riflesso, su di noi”.