La storia di Emanuele, ragazzo di 34 anni morto a Roma: aveva contratto il Coronavirus durante un viaggio a Barcellona. Si temono contagi tra i suoi colleghi
Emanuele Renzi, 34 anni, è la persona più giovane a essere stata uccisa dal Coronavirus in Lazio. Emanuele è morto nella notte tra sabato e domenica, dopo aver trascorso sei giorni nel reparto di Terapia Intensiva del Policlinico di Tor Vergata.
I suoi problemi di salute erano iniziati dopo essere tornato a casa da un viaggio che lo aveva portato in Spagna, a Barcellona. Il giovane, papà di una bimba di 7 anni, lavorava presso il call center “Youtility” sito in Via Faustiniana. A partire da oggi i locali in dotazione al call center saranno sottoposti a indagine epidemiologica da parte dell’Asl Roma 2.
Il Coronavirus uccide un 34enne in Lazio, quel viaggio in Spagna e il ritorno in Italia con la febbre
Emanuele Renzi (34 anni). Residente a Cave (cica 50 km da Roma), papà di una bambina di 7 anni, impiegato presso il call center “Youtility” da più di otto anni. È lui la più giovane vittima mietuta, fino a ora, dal Coronavirus in Lazio.
Il dramma umano di Lele, come usavano chiamarlo le persone a lui più vicine, potrebbe essere iniziato in Spagna. Come hanno raccontato anche i suoi colleghi, dal 6 all’8 marzo il 34enne era stato a Barcellona. Al suo ritorno, anche se lamentava di avere qualche linea di febbre, era tornato al suo posto di lavoro e ci era rimasto per tre giorni, prima di entrare in quarantena. In quarantena sono finiti anche una decina di suoi colleghi.
L’isolamento di Emanuele Renzi si è concluso nella giornata del 16 marzo, e purtroppo non positivamente perché si è reso necessario ricoverarlo al Policlinico di Tor Vergata. Sei giorni di terapia intensiva non sono bastati a salvarli gli la vita. Adesso, si attende l’esito dell’esame autoptico che si dovrà effettuare sul suo corpo al fine di capire se Emanuele sia stato ucciso dal Coronavirus o dal virus in concomitanza con altre patologie pregresse, di cui magari neppure il 34enne era a conoscenza.
La presenza di oltre 2000 dipendenti nel call center in cui lavorava Emanuele- dipendenti che hanno lavorato fino a ieri perché i call center sono ritenuti attività necessarie- fa temere la possibilità che il luogo possa essere il centro di un nuovo focolaio. Per questo si è reso necessario l’intervento dei virologi dell’Asl Roma 2.
Il Coronavirus uccide un 34enne in Lazio, la paura dei colleghi di Emanuele
Al di là del dolore per la scomparsa di Emanuele, tutta questa situazione ha gettato nel panico i dipendenti del call center. Ora i sindacati hanno presentato un esposto.
È scoppiata la rabbia nei confronti dei Youtility, addirittura costretta a cancellare il post di condoglianze scritto su Facebook per Emanuele perché bersagliata da insulti da che sono arrivati da parte di impiegati e parenti. A questa cancellazione è seguita la mossa di oscurare il profilo social.
E una dipendente, tramite un’email inviata a la Repubblica, ha tracciato dei contorni molto precisi della situazione:
“Solo alcuni di noi sono stati messi in smart working. Solo da martedì, quando Emanuele stava già male e si sapeva del contagio, hanno distanziato le postazioni a più di un metro l’ una dall’ altra. I disinfettanti ce li siamo comprati facendo la colletta, la sanificazione è stata fatta solo venerdì. Lele? Il suo sorriso non lo vedremo più”.
Maria Mento