Gian Michele Gangale, elettricista rimasto paralizzato dalle coltellate inflittegli dai rapinatori, manifesta la propria rabbia contro lo stato e la legge.
La vita di Gian Michele è cambiata radicalmente la mattina di giovedì 24 gennaio del 2013. L’uomo, di mestiere elettricista, quel giorno era rimasto a casa per via di qualche sintomo influenzale. Poco dopo le 7 ha sentito la compagna del padre che urlava e, spaventato che si fosse fatta male, è sceso al piano di sotto della villa paterna per darle una mano. Purtroppo per lui, ad attenderlo c’erano tre rapinatori, uno dei quali lo ha accolto con diverse coltellate: “Vidi un uomo alto ed incappucciato che mi diede delle coltellate, di cui una al collo, facendomi perdere conoscenza”.
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Sette anni dopo quell’evento traumatico, l’uomo vive una vita condita da rancore e rabbia. Non solo perché quelle coltellate lo hanno paralizzato dal collo in giù, ma anche perché ritiene che lo Stato abbia tutelato maggiormente i suoi aggressori. In primo luogo perché quegli stessi uomini potevano essere arrestati giorni prima: “Le posso raccontare una cosa che è successa prima? -chiede al giornalista di ‘Libero Quotidiano‘ – Lei sa che i Carabinieri avevano già fermato la macchina dei banditi qualche giorno prima?”. Pare infatti che avessero già colto uno di loro nell’atto di guidare un’auto rubata, ma che prima di arrestarlo lo stessero seguendo per coglierlo in flagranza di reato.
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Elettricista paralizzato: “Se avessi avuto una pistola avrei sparato”
La rabbia dell’elettricista non è solamente legata al mancato arresto, ma anche all’andamento del processo: “Grazie al rito abbreviato sono stati condannati a quattordici, dieci e otto anni, una vergogna. Come ho già detto sono all’ergastolo, posso solo pensare, la testa per fortuna mi funziona; ma io sono pieno di rabbia”. Inoltre non potrà ricevere il risarcimento previsto per le vittime di reati violenti, il motivo? Percepisce una pensione d’invalidità: “Non posso avere il fondo per le vittime di violenza perché già percepisco l’ indennità. Una follia”.
Disilluso, stanco e colmo di rabbia, oggi Gian Michele si sente doppiamente vittima: “Le sembra vita questa? Sono immobile e ho bisogno di una persona sia per fare i miei bisogni che per pulirmi il sedere. Non posso fare nulla da solo e questo a causa di tre disgraziati che volevano fare la rapina del secolo. Sa quanto hanno portato via? Seimila euro in gioielli a dir tanto! Questo valeva la mia vita. Io sono condannato all’ergastolo”. Ripensando a quel giorno, infatti, vorrebbe aver posseduto un’arma: “Non avevo alcuna arma. Però se avessi avuto un’arma mi sarei difeso. Prima di farmi ammazzare, avrei sparato, perché la vita è unica e nessuno ha il diritto di toglierla a un altro. Non c’ è bene che valga di più”.