Qualche realtà informativa lo definisce la vittima più giovane del coronavirus (in Toscana, qualcuno ha aggiunto).
Francamente, non ci interessa far classifiche circa la gioventù o l’anzianità delle stesse – giacché ci ha portato sin da principio a vivere grossi equivoci sulla gestione dell’emergenza.
E’ una vicenda terribile e tanto basta per meritare spazio in queste pagine.
E’ la storia di Christin Kandem Tadjuidje, ragazzo 29enne giunto dal Camerun e trasferitosi a Ghezzano, frazione del comune di San Giuliano Terme, nel pisano.
S’era iscritto alla facoltà di Agraria e stava per terminare la triennale.
Aveva finito gli esami e stava scrivendo la tesi.
Ma le cose non vanno sempre come devono andare e così Christin ha cominciato a sentirsi male.
Difficoltà respiratorie, febbre. Polmonite.
All’inizo nessuno ha pensato al virus, finché le sue condizioni non sono peggiorate e il 14 marzo è stato ricoverato ed attaccato ad un respiratore artificiale.
Le cure sembrano funzionare, Christin viene staccato dalla macchina finché – nella notte tra il 22 e il 23 marzo – una crisi respiratoria improvvisa lo colpisce: Christin smette di respirare per troppo tempo e per lui non c’è stato nulla da fare.
Il rettore dell’ateneo pisano ha deciso comunque di conferirgli la laura post mortem, ma rimane un enorme vuoto nella comunità camerunense a Pisa (di cui di seguito postiamo il ricordo su Facebook) e un senso profondo di tristezza in tutti noi, per l’ennesima terribile storia che siamo costretti a leggere.