Decreto coronavirus, le associazioni sono concordi: le soluzioni non sono efficaci

Aziende in rivolta coronavirus

Allarme dalle associazioni imprenditoriali e di liberi professionisti: il decreto non è risolutivo e danneggia il sisema Italia.

Senza incassi, senza prospettive e senza soluzioni ai reali problemi creati dal lockdown messo in atto per contrastare il coronavirus, moltre aziende non riesco a pagare gli affitti, danneggiando i proprietari, spesso a loro volta imprenditori. Un sistema a caduta che necessita di risposte adatte.

Confimprese, l’associazione che rappresenta 350 brand commerciali (40mila punti vendita e 700mila addetti) denuncia una situazione insostenibile dal punto di vista delle locazioni. 

Il presidente Mario Resca, chiede la rinegoziazione dei canoni calmierati da attuarti nella fase 2, “possibilmente solo sulla percentuale del fatturato fino a quando il mercato non si riprende”.

Secondo il Centro Studi Confimprese, il 90% degli associati ha revocato i bonifici automatici per il pagamento anticipato dei canoni d’ affitto per il trimestre aprile-giugno. Da questo dato nasce la richiesta di un credito d’ imposta da riconoscere ai proprietari immobiliari per consentire la rinegoziazione a canoni più favorevoli dei contratti d’ affitto a uso commerciale.

Secondo Resca il 30% dei negozi non riuscirà più ad aprire, come riportato da Il Giornale, per questo è necessario ridurre gli acconti Irpef, Ires e Irap e abbattere le commissioni sui Pos.

Proposte dal mondo dell’imprenditoria

Falvio Vigna, titolare di una ditta di noleggio bus e di un’ agenzia di viaggi a Novara, spiega la sua situazione: “Subisco un danno di 100mila euro, per ripianare dovrei chiedere i soldi a chi mi procura il danno e rimborsarli e in più pagare le tasse”. Alla ripresa lavorativa, adottare misure di distanziamento sociale  causerà necessariamente una riduzione della capienza dei veicoli.

“Di concreto non è stato accreditato un solo euro ai soggetti che ne dovrebbero beneficiare, sempre per l’ immancabile burocrazia”, aggiunge Giuliano, lavoratore autonomo del settore delle autoriparazioni dalla provincia di Benevento. Per l’uomo quelli del governo sono solo proclami che “a chiacchere” mette a disposizione centinaia di miliardi.

Analogo allarme è sollevato dal Colap, coordinamento delle libere associazioni professionali.

Secondo il coordinamento Il 93% dei professionisti prevede una ripartenza delle attività fra 10 mesi e un ritorno ai fatturati precedenti entro 36 mesi. Secondo la presidente Emiliana Alessandrucci è necessario un sostegno al reddito per 5 mesi (aprile-agosto) sulla base di una domanda unica nonché una semplificazione della cassa integrazione per le aziende sotto i 5 dipendenti.

Insoddisfatta anche Confindustria, che prevede un fabbisogno di 30 miliardi di euro se il lockdown terminerà a giugno e di 80 miliardi se terminasse a dicembre.

Senza moratoria sui prestiti, efficace solo per le pmi libere da sofferenze, queste cifre salgono a 42 e 107 miliardi. Se si includono le imprese che già avevano problemi di liquidità, si arriva a 57 e 138 miliardi. Per Confindustria è necessario  quindi un allungamento delle scadenze dei finanziamenti che saranno concessi tramite il dl impresei. D’accordo anche la Cna, per cui è necessaria liquidità assoluta altrimenti si innesca un meccanismo di insoluti tra clienti e fornitori, che devasterebbe l’economia italiana.